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Erdogan dà l'assalto a Manbij. E la Ue si divide sull'embargo

Turchi verso Kobane, siriani in difesa delle città curde Trump sanziona Ankara. Di Maio: «Stop dall'Italia»

Erdogan dà l'assalto a Manbij. E la Ue si divide sull'embargo

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha mezzo mondo contro di lui ma non cede. L'operazione contro i curdi in Siria continuerà, nonostante l'accordo tra le forze curde e Damasco. Le truppe turche e gli alleati arabo-siriani puntano ancora a prendere Kobane e prima Manbij, una città strategica sui cui il leader turco aveva messo gli occhi già tre anni fa. Ieri è iniziato l'assalto. Erdogan ha precisato che deve essere «svuotata» dalle «organizzazioni terroristiche», cioè i curdi del Ypg. «I veri proprietari, i nostri fratelli arabi vi entreranno», ha intimato. Manbij, a ovest del fiume Eufrate, ha da sempre un significato simbolico per Erdogan, che ne sottolinea in ogni occasione il carattere «arabo». La città è sotto il controllo delle forze curde dal 2016, quando ne hanno espulso i jihadisti dell'Isis. E in serata sono giunti in città i militari dell'esercito siriano.

Erdogan è all'offensiva anche sul fronte diplomatico. Ha parlato con la cancelliera tedesca Angela Merkel e il giorno prima con il premier britannico Boris Johnson. «Nei nostri colloqui ho capito che c'è una seria disinformazione. Starete dalla parte del vostro alleato Nato, o dalla parte dei terroristi?», ha commentato in modo polemico il leader turco. Sul terreno invece le prime truppe di Damasco sono entrate a Tal Tamr, cittadina siriana a una ventina di chilometri dal confine turco e ad Ayn Issa, tra Raqqa e la frontiera. La popolazione secondo fonti locali ha ben accolto i soldati schierati dal governo siriano in seguito all'accordo a sorpresa di domenica con le milizie curde. La tv di Stato siriana ha mostrato le immagini «in diretta» delle truppe di Damasco nella città siriana.

Intanto il presidente americano Donald Trump annuncia che «presto» emetterà un ordine esecutivo che autorizzerà le sanzioni contro i più alti livelli del governo turco, procederà inoltre all'aumento delle tariffe siderurgiche e bloccherà i colloqui commerciali con Ankara con l'aggravarsi della situazione nel nord-est della Siria dopo il recente ritiro delle forze statunitensi nella regione. Poi polemizza con l'Europa sui combattenti dell'Isis. «L'Europa se li sarebbe dovuti prendere indietro già prima, senza permettere loro di scappare. Devono farlo ora. Quei prigionieri non verranno mai negli Usa, non lo permetteremo», ha tuonato. Trump ha anche affermato che le forze curde potrebbero aver rilasciato i prigionieri dell'Isis intenzionalmente per attirare gli Stati Uniti nel conflitto.

Più sfumata invece la posizione di Bruxelles. I governi dell'Unione europea hanno concordato ieri di limitare le esportazioni di armi in Turchia. Nella loro dichiarazione dopo un dibattito di quattro ore a Lussemburgo, i ministri hanno deciso di «impegnarsi in solide posizioni nazionali in merito alla loro politica di esportazione di armi in Turchia». Il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio ha dichiarato dopo l'incontro: «Nelle prossime ore anche l'Italia firmerà un divieto di esportazione di armi in Turchia». È tramontata quindi l'opzione di un embargo su Ankara, una mossa diplomatica che avrebbe messo la Turchia paese candidato a entrare nell'Unione sullo stesso piano di Venezuela e Russia.

Si è indurita invece la posizione di Mosca nei confronti della Turchia. Konstantin Kosachev, presidente della commissione per gli Affari esteri del parlamento ha ammonito che «cercando di risolvere il suo problema con mezzi militari, la Turchia ne crea nuovi e aggrava quelli vecchi». «Qualunque sia il motivo dei turchi, - ha proseguito - è chiaro che hanno invaso un Paese vicino, e questo non contribuisce alla soluzione del nostro obiettivo comune: contrastare il terrorismo». Ma per alcuni analisti, potrebbe esserci in realtà un accordo tra i leader di Ankara e Mosca. Da lì sarebbe nata l'operazione turca. Con un obiettivo comune: liberarsi della presenza di truppe americane.

Con Trump invece felice di liberarsi della «guerra infinita» in Siria.

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