Sono ore di grande tensione nel governo, al punto che alla vigilia del faccia a faccia di Bruxelles tra Giuseppe Conte e Jean Claude Junker, Palazzo Chigi decide di commissariare la comunicazione dell'intero esecutivo, dai ministri più importanti all'ultimo dei sottosegretari. Questo, almeno, raccontano i due whatsapp inviati ieri mattina a molti giornalisti dal portavoce del presidente del Consiglio, Rocco Casalino. «Per interviste stampa a ministri e sottosegretari senti i miei 2 responsabili dei rapporti con la stampa», si legge nel primo messaggio corredato da nomi, cognomi e cellulari delle persone da contattare. Nel secondo è invece indicato il referente ad hoc per le interviste tv.
Nel momento di maggior tensione tra M5s e Lega, dunque, Palazzo Chigi cerca di presidiare il territorio mettendo se non il bavaglio quantomeno la sordina a tutto l'esecutivo. Di certo quello di stampo grillino, visto che è del tutto evidente che nessun esponente di governo della Lega si farà imbrigliare dai diktat della Casaleggio Associati. Peraltro, anche i leghisti hanno il loro controllo di qualità sulla comunicazione, visto che la maggior parte dei parlamentari del Carroccio non hanno neanche la libertà di rispondere ai messaggi dei giornalisti senza prima chiedere l'autorizzazione all'ufficio stampa.
Il punto, però, non è tanto il merito della cosa, perché ha un senso che il presidente del Consiglio voglia tenere sotto controllo le uscite dei membri del suo governo. Quello che stride è il metodo. Il fatto che sia messa nero su bianco ed elevata a regola quella che al massimo può essere un'eccezione. Altrimenti non si spiegherebbe la ragione per cui tutti i 18 ministri del governo Conte e i 45 tra viceministri e sottosegretari si affidano a portavoce, capi ufficio stampa e strutture di comunicazione ad hoc per ogni singolo dicastero, peraltro ben remunerate. La verità è che la tensione ha ormai superato il livello di guardia, al punto che i vertici M5s hanno sentito la necessità di un deciso giro di vite. In primo luogo per cercare di limitare gli scivoloni che in questi mesi hanno consacrato agli onori di satira e social ministri come Danilo Toninelli e Barbara Lezzi. Ma soprattutto per provare ad uscire dal cono d'ombra in cui i Cinque stelle e lo stesso Luigi Di Maio sono stati spinti da Matteo Salvini che, piaccia o no, con la comunicazione ci sa fare ben più di loro.
A Palazzo Chigi, dunque, chiamano a raccolta le truppe e iniziano a presidiare le trincee. E sperano nelle ronde della comunicazione, manco fossimo in Corea del Nord. Come se si preparassero all'arrivo di tempi difficili. E non solo per i contraccolpi che rimbalzeranno dall'Ue sulla manovra, ma anche perché il rapporto con la Lega non è più quello di un mese fa. Basta chiedere a ministri, sottosegretari o parlamentari del Carroccio. Fino a qualche settimana fa se ne sarebbero ben guardati, mentre ormai - seppure in off record - non esitano a dare addosso al M5s che iniziano decisamente a mal sopportare.
Insomma, siamo ai
primi scricchiolii. E il rischio di un esecutivo sull'ottovolante per le prossime settimane è concreto. Di qui la mossa di blindare la comunicazione che per il M5s è la sostanza stessa del Movimento e del suo far politica.
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