Milano Una condanna poco più che simbolica: 4 mesi di carcere. E però un verdetto acrobatico che con una mezza capriola manda due messaggi politici pesanti: scagiona l'Expo e il suo commissario unico Giuseppe Sala, probabile candidato sindaco del centrosinistra a Milano, e tiene sula corda il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni. Destini che si dividono dopo aver ascoltato la sentenza che colpisce il direttore generale di Expo Christian Malangone, uno dei più importanti manager del grande evento, nell'entourage di Sala. Malangone era rimasto invischiato nel procedimento in cui Maroni è imputato per aver chiesto favori alla società di Sala per due sue collaboratrici: un lavoro in un caso e nell'altro il finanziamento di un viaggio a Tokyo. Maroni ha scelto di essere processato con rito immediato e il dibattimento si aprirà il 1 dicembre. Malangone ha preferito l'abbreviato: così è comparso davanti al gup Chiara Valori con l'accusa di induzione indebita, e con lui si è trovata nei guai pure Expo, per violazione della legge 231 del 2001 che punisce gli enti per i reati commessi dai propri dipendenti. Ma il gup ha tagliato di netto l'imbarazzante legame: dunque condanna, sia pur lieve, per Malangone, e assoluzione per Expo. Per Sala sarebbe stata una macchia e un problema in più nella corsa verso la candidatura che suscita entusiasmi nei salotti della borghesia ambrosiana ma anche malumori nella sinistra radicale. E infatti esulta: «Prendo atto con soddisfazione della assoluzione della società Expo 2015». Il Commissario esprime anche «apprezzamento» per Malangone: «Sono convinto che i prossimi gradi di giudizio riconosceranno la correttezza del suo comportamento»Dunque, il curriculum di Sala resta immacolato. Certo, il suo sarebbe stato un coinvolgimento indiretto, attraverso la vetrina che ha tenuto Milano al centro del mondo per sei mesi. Ma il giudice stabilisce un'altra verità: Malangone ha fatto tutto di testa sua, il glorioso marchio non c'entra. Fu il supermanager a mettere la faccia sulla richiesta di Maroni che voleva inserire una sua collaboratrice, Maria Grazia Paturzo, nella delegazione Expo in partenza per Tokyo, caricando sull'ente anche le spese, pari a 6mila euro.
In realtà la trasferta fu poi annullata all'ultimo minuto proprio da Maroni e i biglietti furono utilizzati da un'altra delegazione. Non importa. Gli avvocati Carlo Tremolada e Federica Bonomini esprimono «stupore per la condanna» e annunciano ricorso. Expo esce indenne da questo round, per Maroni la strada si fa più accidentata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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