«Veniva accompagnato in Questura dichiarando falsamente di essere minore, beneficiando così della collocazione nella comunità minorile di Bologna, veniva poi sottoposto ad esame auxologico da cui risultava un'età superiore a 18 anni». Nella carte dell'inchiesta dell'Antimafia di Bologna frasi così si ripetono per decine di casi, più di settanta. Il copione è sempre lo stesso: un giovane immigrato si presenta in Questura o viene accompagnato da un connazionale o a volte anche da un italiano, che riferisce di aver trovato il ragazzo che vagava per la città. Lo straniero dichiara di essere minorenne e per lui si aprono le porte dell'assistenza più generosa, quella che l'Italia riserva ai migranti minorenni.
Per tutti questi casi l'esame delle ossa del polso rivela che la crescita si è arrestata, dunque il soggetto ha almeno 18 o 19 anni. Ma anche questo non bastava, perché l'esame lascia un margine di errore. Margine che veniva sempre pesato a favore del migrante. L'organizzazione avrebbe legami a livello governativo e di intelligence nel proprio Paese, tanto che Consolato del Bangladesh, Paese da cui provengono la maggior parte dei migranti, finiva sempre col rilasciare il passaporto con l'età dichiarata dal concittadino. Il fenomeno stava diventando così ampio da mettere in difficoltà la Irides, l'Azienda speciale del Comune di Bologna che gestisce i servizi sociali. E da sollecitare l'attenzione del sostituto procuratore antimafia Stefano Orsi che, attraverso il lavoro della Squadra mobile di Bologna, ha scoperto che dietro l'ondata di falsi minori ci sarebbe un gruppo criminale con appoggi internazionali. Un'organizzazione che, in cambio di cifre consistenti, in un caso è emerso un pagamento di dodicimila euro, garantiva ai migranti tutto il sostegno necessario a ottenere la corsia preferenziale verso il permesso di soggiorno garantita in Italia ai minorenni. Che Bologna fosse diventata la porta spalancata per questo traffico era diventato così noto che nelle carte si ricostruisce il caso di un falso minore che, sbugiardato a Latina, viene indirizzato a Bologna dall'operatore di una comunità assistenziale.
La Procura è anche riuscita a ottenere da alcuni dei finti minori l'ammissione della vera età e quest'estate ha chiuso l'inchiesta a carico di 199 indagati. Dell'elenco fanno parte anche parecchi italiani. Inclusi un'agenzia per stranieri di Bologna che si chiama «Free world», un medico, un commercialista e un avvocato. Tutti pronti in cambio di denaro, secondo la Procura, a produrre ogni genere di falsa documentazione. Una fabbrica del falso che lavorava a pieno regime anche per far rientrare decine di stranieri nella sanatoria del 2012 varata dal governo Monti, tutte persone che non ne avrebbero avuto diritto. In un'Italia che affida l'accertamento della verità solo ai certificati e alla burocrazia, i veri minorenni e i veri lavoratori stranieri faticano a trovare una strada legale. Ai disonesti basta una stampante e un po' di astuzia per trasformare il tarocco in verità su carta bollata. La parola falso è quella che ricorre di più nelle carte dell'inchiesta. La «fabbrica» produceva false testimonianze, false nozze, false parentele, falsi datori di lavoro, falsi documenti.
I costi a carico dell'erario sono enormi, se si pensa che per i minori i programmi di sostentamento e inserimento nel mondo del lavoro costano da 80 a 120 euro al giorno.
Dall'inchiesta escono invece puliti i vertici dell'Asp Irides, difesi dall'avvocato Paolo Trombetti di Bologna, che sono riusciti a dimostrare di essere estranei al traffico e, al contrario, di aver invece cercato di denunciarlo. Resta il fatto che gli enti locali appaiono indifesi di fronte a operazioni come questa, costretti a subire il raggiro. E a pagare.Twitter: giuseppemarino_
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