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Fallisce il golpe di Padoan: Ubi non vuole Etruria & C.

Il ministro in pressing per l'acquisto delle 4 good bank Ma la trattativa salta. Sofferenze, l'allarme di Atlante

Fallisce il golpe di Padoan: Ubi non vuole Etruria & C.

Giornata nera per Pier Carlo Padoan. Ieri non c'è stato solo il vertice serale con le banche che lo stesso ministro si è affrettato a derubricare a incontro «informale» per fare il punto «con Bankitalia e i principali istituti». In mattinata si sono moltiplicati i contatti tra il dicastero di via XX settembre e Ubi per spingere il management ad acquistare le quattro good bank nate dal salvataggio di Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e Cariferrara. Contatti precedenti al vertice vero e proprio, che hanno dato esiti incerti se non negativi, viste le condizioni poste dagli amministratori dell'istituto di credito lombardo. Poi l'incontro delle 18,30, chiesto dal fondo Atlante per lanciare l'allarme sulla cartolarizzazione delle sofferenze.

Per quanto riguarda le good bank, già in tarda mattinata Andrea Moltrasio, presidente del consiglio di sorveglianza di Ubi, metteva le mani avanti: «Porto in consiglio di sorveglianza la questione dell'acquisizione delle banche solo quando sono in grado di creare valore per la nostra base di azionisti». Nella «mission» dell'istituto «non abbiamo il salvataggio». In sostanza, una bocciatura del pressing del governo.

Il ministero dell'Economia è a sua volta sotto pressione da parte della Commissione europea che ha concesso un rinvio sul termine del 30 settembre, data entro la quale avrebbe dovuto cedere i quattro nuovi istituti di credito, ma non intende concederne altri. La Banca centrale europea ha chiesto a Ubi un aumento di capitale di 600 milioni. L'istituto di Bergamo, secondo indiscrezioni, arriverebbe al massimo a 300 milioni e limiterebbe le acquisizioni a tre istituti: Banca Etruria, Carichieti e Banca Marche. Ubi va oltre e chiede al governo di ripulire i tre nuovi istituti dalle sofferenze e quindi quasi azzerare il prezzo di acquisto. Poi la possibilità di trasformare le perdite per le sofferenze in vantaggio fiscale. Condizioni pesanti per il governo, tanto che ieri si tornava a parlare delle altre offerte per le banche, bocciate perché poco vantaggiose.

Strettamente legato alla richiesta di Ubi sulle sofferenze, il vertice serale. Nonostante le precisazioni del ministro, l'incontro di ieri sera è stato effettivamente chiesto con urgenza da Quaestio, la società di gestione del risparmio che controlla il fondo Atlante, per fare il punto sull'emergenza banche. Un «fate presto» per il governo sulla partita più importante, ovvero la cartolarizzazione delle sofferenze che è alla base della guerra in corso fra Jp Morgan e Atlante stesso per la gestione della vendita del Monte dei Paschi. L'entità dell'aumento di capitale del Monte - ma a cascata anche di quelli di Unicredit e Carige - dipende dal prezzo di vendita degli Npl senesi. Se i crediti deteriorati verranno ceduti a una percentuale inferiore a quella iscritta a bilancio, gli importi degli aumenti di capitale rischiano di lievitare aggravando l'emergenza. Per quanto riguarda Mps, se si dovesse verificare questo scenario, Jp Morgan potrebbe uscire dalla partita. Senza una soluzione al nodo dei Non performing loans (le sofferenze), anche la vendita delle tre banche a Ubi salta. Al vertice serale, anche Ignazio Visco, governatore della Banca d'Italia, Claudio Costamagna, presidente della Cassa Depositi e Prestiti, Giuseppe Guzzetti, presidente Acri, e Victor Massiah, consigliere delegato Ubi e i vertici di Intesa Sanpaolo e Unicredit.

In serata a un dibattito del Foglio, le rassicurazioni di Padoan su Npl e Monte dei Paschi.

Niente nazionalizzazioni: «Io non vedo questa necessità». Sulle sofferenze: «Ci vuole tempo per risolvere definitivamente il problema e noi stiamo andando in quella direzione». Poco dopo l'incontro con il mondo bancario, che invece chiede una soluzione in tempi brevi.

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