Non è vero che Matteo Renzi non ha mai lavorato in vita sua. Un contratto di lavoro l'ha ottenuto: dal babbo. Una delle più nauseanti «renzate» sparate ieri in conferenza stampa è «sono molto fiero di appartenere alla prima generazione di politici senza vitalizio». Tanto per cominciare, il fatto che non abbia il vitalizio non è affatto una scelta. Renzi non ha diritto al vitalizio perché non è un parlamentare, non essendo mai stato eletto né alla Camera né al Senato. Seconda cosa, prima di darsi alla politica Renzi lavorava come co.co.co. nell'azienda di famiglia, la Chil srl, con una contribuzione Inps bassa, senza fondi previdenziali aggiuntivi e senza Tfr. Il 27 ottobre 2003, però, due giorni prima dell'annuncio della candidatura a presidente della Provincia di Firenze, il babbo lo inquadra come dirigente. La Chil gli paga i contributi fino all'elezione nel giugno del 2004, dopodiché tocca alla Provincia pagargli i contributi sulla base di uno stipendio da manager. Chiusa la Chil nell'ottobre 2010, il padre lo riassume, sempre come dirigente, nella nuova società, la Eventi6. Per quasi dieci anni, Renzi è costato alla comunità più di 300mila euro, visto che la Provincia di Firenze e il Comune, hanno pagato i contributi per la pensione (d'oro) del dirigente Matteo Renzi.
Quando diventa presidente di Provincia prima e sindaco poi, infatti, non si licenzia dall'azienda, ma si colloca in aspettativa non retribuita, posizione legalmente valida per ottenere i contributi previdenziali, serviti per pagare i fondi integrativi ai quali Renzi è iscritto (oltre all'Inps): fondo Mario Negri (il fondo di previdenza per i dirigenti), Fasdac (il fondo di assistenza sanitaria per i dirigenti delle aziende commerciali), associazione Antonio Pastore. Un sistema furbetto che garantirà al premier molto più che un semplice vitalizio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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