Il fisco è sempre più vorace: ora si mangia anche la menta

Tasse assurde sugli aromi: col mix "sbagliato" l'Iva sale. E l'Ires si abbatte sul medaglione di pesce fatto in casa

Il fisco è sempre più vorace: ora si mangia anche la menta

Roma - Imbusti aromi da cucina? Attenzione al mix perché, a seconda della piantina scelta, cambia pure l'aliquota Iva. Sei un itticoltore e utilizzi il pesce allevato per produrre medaglioni panati? Non è più reddito agricolo, ma d'impresa. Le risoluzioni dell'Agenzia delle Entrate, infatti, sono una valida mappa del labirinto fiscale che attanaglia non solo aziende e professionisti, ma anche il comparto agricolo.

Il primo spunto è offerto dalla risoluzione 56/E pubblicata il 3 maggio scorso dell'ente guidato da Rossella Orlandi. Il testo è molto chiaro: l'Iva agevolata al 5% si applica «solo a confezioni contenenti esclusivamente le piante aromatiche espressamente e tassativamente indicate dalla norma», cioè la legge europea 2016 che ha modificato le aliquote.

Che cosa vuol dire? Che se un agricoltore, un'azienda agricola o un industria alimentare vende salvia, rosmarino, basilico e anche origano a rametti singolarmente o anche confezionati assieme, l'imposta sul valore aggiunto è quella del 5 per cento. In tutti gli altri casi, però, «se nella stessa confezione sono presenti anche altre erbe aromatiche, l'intera confezione sconta l'Iva ordinaria, attualmente del 22%».

Che significa? Che se a qualcuno venisse l'idea di inserire in quella busta o pacchetto anche foglioline di menta, dovrebbe pagare il 22% che è l'aliquota applicata a quella pianta. L'esempio citato dall'Agenzia delle Entrate è ancor più sorprendente in quanto fa riferimento a confezioni contenenti una salvia e rosmarino (entrambi al 5%) assieme a foglie di alloro (aliquota al 10%) e l'altra salvia, rosmarino, origano (5%), alloro e timo (10%). Entrambi i packaging pagano il 22% perché la legge Iva non prevede queste combinazioni, ma solo l'elenco delle singole piante con relativa aliquota.

Identico discorso per l'itticoltore oggetto della risoluzione 52/E. Il produttore ha chiesto all'Agenzia se potesse considerare reddito agricolo la produzione di medaglioni di pesce effettuata nella stessa azienda sfilettando branzini e impanandoli con un preparato di pane grattugiato e olio di semi. La questione è seria perché l'imposta sul reddito agricolo si paga su base catastale. Insomma, è una sorta di forfait su quanto si può produrre dal terreno coltivandolo o allevando bestiame. E invece no.

Il decreto ministeriale 13 febbraio 2015, spiega l'Agenzia, fa rientrare nella tabella dei prodotti agricoli, tra gli altri, la «produzione e conservazione di pesce, mediante congelamento, surgelamento, essiccazione, affumicatura, salatura, immersione in salamoia, inscatolamento e produzione di filetti di pesce». Il decreto non cita la trasformazione del pesce in medaglioni. All'itticoltore, perciò, non resta che pagare l'Ires e restare muto come un pesce.

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