I l giorno dopo l'assoluzione piena di Berlusconi è il giorno della gioia azzurra. Moltissimi i parlamentari accorsi a palazzo Grazioli per abbracciare di persona il loro leader, finalmente uscito da un incubo; dai capigruppo Romani e Brunetta a Bergamini, passando per Gelmini, Sisto, Calabria, Gasparri, Matteoli, Pelino, Savino, Picchi, Fontana, Polidori, Marin, D'Alessandro e tanti altri; e moltissimi i lanci d'agenzia per comunicare solidarietà e vicinanza al Cavaliere. Anche Raffaele Fitto, leader dei cosiddetti «frondisti» e da tempo in rotta di collisione con l'ex premier è stato uno dei più lesti a esprimere tutta la sua felicità per la sentenza della Cassazione: «Noi gli siamo stati vicini nelle giornate più difficili, nei mesi e negli anni scorsi, e quindi oggi è un giorno molto positivo e siamo per questo davvero felici per Berlusconi».
Ma il sollievo azzurro è una coperta che copre solo temporaneamente le crepe aperte in Forza Italia; un partito che vive una giornata di tregua armata. Il documento dei 17, alla Camera, ha fatto uscire allo scoperto i cosiddetti «Nazareni»: deputati che vorrebbero riallacciare i rapporti con Renzi e riportare Forza Italia al tavolo delle trattative sulle riforme e la legge elettorale. Sono verdiniani ma non solo: ci sono anche quelli non particolarmente legati a Denis ma che per le ragioni più diverse contestano la linea d'opposizione «senza se e senza ma»; c'è chi, per esempio, è terrorizzato all'idea che Renzi, incappato in un incidente, possa portare tutti al voto per «piallare» tutte le opposizioni, compresa quella interna. «Quelli che non hanno chances di essere rimessi in lista faranno di tutto per far durare la legislatura il più possibile», malizia un fittiano in Transatlantico. Verdini intanto getta acqua sul fuoco: «La mia una corrente? Macché. Basta leggere il testo del documento...».
Tregua armata, si diceva; perché, per i 17, il comunicato dell'altro giorno è soltanto il primo passo. Al secondo passo ci stanno lavorando in queste ore alla Camera: convincere qualche scettico a seguirli per arrivare a quota venti. Non una cifra a caso: venti è il numero minimo richiesto dal regolamento di Montecitorio per creare un gruppo parlamentare autonomo. Lo strappo, per Forza Italia, sarebbe clamoroso; magari i «nazareni» non si spingerebbero a tanto ma se raggiungessero la fatidica quota avrebbero in mano un'arma quasi letale. Fonti parlamentari che chiedono l'anonimato confermano: «I nazareni stanno corteggiando alcuni del gruppo misto ad andar con loro». In effetti il gruppo misto è corposo, 37 deputati, ed eterogeneo accogliendo ex grillini, ex FdI, ex Ncd, liberali e deputati delle minoranze linguistiche.
E al Senato? Qui il discorso è un po' diverso. Primo elemento da non sottovalutare: il gruppo è guidato da Paolo Romani, considerato una colomba e non un falco alla stessa stregua di Renato Brunetta. Secondo elemento: i verdiniani tout court sono pochi: «Non più di cinque», giura un senatore azzurro. Tuttavia il discorso «incubo voto» vale anche per palazzo Madama e i filonazareni hanno la medesima strategia dei colleghi deputati: interfacciarsi con i senatori del gruppo Gal per rendere la loro eventuale stampella alle riforme renziane più solida e consistente. Interessati sarebbero in quattro; in questo caso a un passo dal numero dieci, numero necessario per fare un gruppo a palazzo Madama. «Ma l'assoluzione di ieri - ragiona una senatrice azzurra - ha riabilitato politicamente Berlusconi. E questo è un benefico freno a tutti questi movimenti carsici. Che spero rimangano carsici».
Sono quei parlamentari che hanno firmato un documento di dissenso rispetto alla linea di condotta del partito dopo la rottura del patto del Nazareno. Una linea percorsa da 17 parlamentari
Sono coloro che compongono la grande maggioranza dei gruppi di Forza Italia che riconoscono l'indiscussa leadership di Berlusconi e puntano sull'unità del partito stretto intorno al
suo leaderSono i deputati, in totale 18, che si riconoscono nelle posizioni di Raffaele Fitto e chiedono un cambio di rotta deciso ai vertici del partito, a cominciare dall'organizzazione di primarie all'interno del partito
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