La forza della lussuria spaventa anche gli eroi Ma ci rende umani

Il saggio di Giulio Giorello analizza il desiderio che ci strugge e ci porta oltre il nostro limite

Matteo Sacchi

Una brama infinita, che spinge oltre il limite. In maniera sensuale ma anche intellettuale. Questa è la lussuria, il «peccato» di cui si occupa, questa settimana, la serie sui vizi capitali de il Giornale, con un saggio (in edicola a 9,90 euro più il prezzo del quotidiano) firmato dal filosofo della scienza Giulio Giorello.

Ma cos'è la lussuria? Una forza che sconvolge l'anima e può far paura persino agli eroi. Per accorgersene basta sfogliare la saga più antica dell'umanità: il Poema di Gilgamesh. La dea Ishtar (simile a Venere ma non a caso dea anche delle tempeste) si propone all'eroe Gilgamesh - il più divino degli esseri umani o il più umano degli dei, fate voi - usando tutta la sua bellezza e il suo fascino. Ma quello le risponde: «Tu saresti come un forno che non fa sciogliere il ghiaccio/ una porta sgangherata che non trattiene i venti e la pioggia/ un palazzo che schiaccia i propri guerrieri».

Insomma la pulsione erotica fa paura anche ai più forti: si rischia, ad assecondarla, di farsi tarpare le ali. Di nuovo Gilgamesh: «Tu hai amato il variopinto uccello Alallu: /(e poi) lo hai colpito e gli hai rotto le ali;/ egli si nasconde nei boschi gridando: Le mie ali!/Tu hai amato il leone dalla forza perfetta: per lui hai scavato fosse, sette e sette volte...».

Eppure della lussuria, che per etimo è collegata anche alla parola lusso (una lussuria per le cose ben riuscita), a lussureggiante e alla meno ambita lussazione (quando la lussuria, intesa come eccesso, finisce in modo traumatico), non si può proprio fare a meno. Ecco perché nella modernità è stata ampiamente rivalutata, a partire da Pietro Aretino (1492-1556) e via via sino al libertinismo settecentesco, dove la lussuria diventa forza di sovversione dell'Antico regime.

Giorello percorre nel saggio tutta questa lunga cavalcata, passando anche dalla necessità darwiniana della lussuria. E alla fine ci dimostra che senza di essa forse saremmo moralmente migliori, ma molto meno liberi e umani. Probabilmente anche molto meno creativi e disposti a varcare i limiti.

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