Roma È la crisi, bellezza, e tu non puoi farci niente. O forse sì, qualcosa si potrebbe fare, o almeno tentare, perché ormai il Paese non solo è fermo ma sta pure arretrando. Secondo infatti il rapporto dell'Unctad - la Conferenza dell'Onu su commercio e sviluppo - sull'andamento dell'economia mondiale, nel periodo 2007-2016 la produzione industriale italiana si è contratta del 22 per cento.
Insomma, nel giro di dieci anni abbiamo perso quasi un quarto della forza delle nostre fabbriche. È un trend generale, si dirà, tutto il mondo occidentale è in difficoltà. Però come al solito da noi, stando ai numeri, va peggio che altrove. La batosta non ha eguali se si fa un raffronto rispetto a quanto avvenuto nelle altre economie europee con le quali il Belpaese compete: fatta 100 la produzione industriale nel 2010, nel primo trimestre del 2007 l'Italia registrava quota 118 e nel primo trimestre di quest'anno è precipitata a quota 92. Un livello deludente, che si ripete dal primo trimestre del 2013, e che indicare come, dopo i contraccolpi della crisi finanziaria che si è avvitata sull'economia reale, il Paese sia entrato in una fase di lunga stagnazione. Impantanato. In difficoltà soprattutto il settore metalmeccanico. «Nel secondo trimestre 2016, l'attività è diminuita dell'1,2 per cento», spiega Angelo Megaro, direttore del Centro studi Federmeccanica.
L'anno nero della produzione industriale è stato il 2009, meno 19 per cento, peggiore anche del famoso 1975 che registrò un meno nove. Terzo in classifica il 2012 di Mario Monti, meno sei per cento. Matteo Renzi è in carica dal febbraio 2014, quando l'indice della produzione industriale era a 91,6. Ventotto mesi dopo l'indice siamo a 91,8: un aumento dello 0,2 per cento, e questo mentre la Ue, nostro principale cliente, è ripartita, passando dall'1,4 al due per cento di crescita fra 2014 e 2015.
Assai diverso difatti il panorama industriale in Europa, sempre secondo le stime dell'Unctad. Fissato ancora in 100 il dato della produzione nel 2010, la Germania si ritrovava a quota 104 nel primo trimestre del 2007 ma nel primo trimestre di quest'anno è riuscita a invertire la tendenza e a superare quel livello, portandosi a quota 109. Altro esempio, la Francia. Se a inizio 2007 era a quota 113, adesso si trova al livello di 101: l'industria transalpina ha almeno recuperato le posizioni del 2010, anche se ancora non ha riassorbito tutti i contraccolpi della recessione. Chi ci somiglia di più è invece, per la Spagna: leggendo le valutazioni nelle Nazioni Unite, se nel 2007 la produzione industriale iberica si prendeva un 127 in pagella, adesso è ancora ferma a quota 95, ma almeno è in miglioramento dai minimi toccati nel 2013.
Questo il bollettino dal fronte della produzione. Ma anche per gli investimenti l'Italia è ben lontana dai vicini europei: dal 2007 al 2016 i flussi sono crollati di oltre cinque punti.
Mentre nel primo trimestre 2007 in Italia si fecero investimenti pari al 22 per cento del Pil, all'inizio di quest'anno sono scesi al 16,5. Il crollo ha accelerato ovunque dal 2011 in poi, Germania e Francia però hanno tenuto meglio. A Parigi e dintorni si è passati dal 23 per cento del Pil (2007) al 21,8% (2016), a Berlino sono rimasti intorno al venti.
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