di Andrea Cuomo
Giorgio Armani e Leonardo Del Vecchio. Amici. Per certi versi soci. Due ottantenni-e-passa che non si levano di torno anche se spesso hanno avuto la tentazione di farlo, perché sono meglio di tanti quarantenni, di tanti cinquantenni, di tanti millennial in questo Paese che non è un Paese per vecchi, che non è un Paese per giovani, che non è un Paese per niente.
Sono loro, Giorgio e Leonardo, lo stilista che ha reinventato il made in Italy e il patròn di Luxottica, gli unici italiani, con la «ragazzina» Miuccia Prada, che di anni non ne ha nemmeno 70, inseriti nella lista che Forbes ha voluto stilare delle cento grandi menti imprenditoriali del mondo contemporaneo. Cento uomini e donne per celebrare i primi dieci decenni della rivista statunitense di economia e finanza. Imprenditori. Creativi. Geni. Innovatori. Profeti del capitalismo. Controversi. Gente come Bill Gates. Come Donald Trump. Come Jeff Bezos. Come Richard Bransono, Come Paul McCartney. Come Rupert Murdoch. Come Oprah Winfrey. Come l'architwetto del Guggenheim di Bilbao Franck O. Gehry. Come Mark Zuckerberg, che un giorno si è messo in testa di farci vivere internet come un salone di parrucchiere e ci è riuscito benissimo.
A ognuno Forbes ha affiancato una frase che ne riassume il pensiero.
Per Del Vecchio: «Una cosa che non è cambiata nella mia vita da business è che ho sempre fatto e detto ciò che davvero penso, agendo con chiarezza e trasparenza».
Per Armani: «Ho sempre cercato di mantenere un senso di realtà e mi assicuro di circondarmi delle persone giuste, che comprenda i tempi in cui viviamo».
Per Prada: «Non sono davvero interessata a costruirmi una reputazione personale. A me interessa quello che la mia azienda rappresenta».
Una piccola enciclopedia del genio italiano contemporaneo, fatto di semplicità e attenzione per il dettaglio.
Armani, Del Vecchio e Prada sono la conferma che l'Italia è innovativa soltanto quando produce del bello. Tutti e tre, infatti, sono legati al mondo della moda, con storie, stili e oggetti diversi. E con incroci continui. Armani e Del Vecchio in particolare hanno percorso lunghi tratti di strada insieme negli ultimi anni, diventando anche esempi di come sia difficile per giganteschi capitani di industria immaginare il futuro della propria azienda dopo la loro morte. Armani è un padre padrone che accentra tutto, non ha figli ed è azionista unico, presidente e amministratore delegato del suo gruppo. Del Vecchio invece, partito da una bottega di occhiali ad Agordo nel bellunese e arrivato a possedere un impero su cui non tramontano mai gli occhiali da sole, ha ragionato da imprenditore illuminato, esautorando i figli dalla gestione di un gruppo da quasi 10 miliardi di fatturato e affidando tutto a manager esterni, salvo tornare in sella passati gli ottanta perché alla fine è lui quello che guarda più lontano di tutti grazie agli occhiali di cui dispone. E infatti da poco tempo ha digitalizzato l'azienda dalla A alla X, realizzando quella che lui stesso ha definito la quarta rivoluzione aziendale, essendo state le altre la licenza data proprio ad Armani, l'acquisizione di LensCrafters e la rinascita del marchio Ray-Ban. Il legame tra i due illuminati vecchietti non è solo un fatto di licenze. Armani possiede una piccola quota azionaria di Luxottica e l'amico Leonardo gli stacca ogni anno dei dividendi a otto zeri.
E Miuccia? È la quota rosa della visionarietà imprenditoriale italiana, capace di trasformare la sua azienda di famiglia in uno dei marchi più blasonati del mondo, anche grazie al marito Patrizio Bertelli, che i maligni definiscono il vero genio della faccenda.
Ma a Miuccia importa poco, lei in fondo è l'unica stilista al mondo che possa vantare di vestire perfino il diavolo, come recitava il titolo di un romanzo poi diventato film qualche anno fa. «Devi essere curioso e non smettere mai di studiare. Devi sfidare te stesso a pensare ogni giorno di capire e reagire a quello che sta accadendo», dice Miuccia, cucendo l'ultima giacca per Belzebù.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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