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Giustizia, riforma in stallo. Primo strappo dei renziani

Resta la distanza sul sorteggio al Csm. Dubbi della Cartabia. Il relatore Verini: Mattarella non firmerebbe

Giustizia, riforma in stallo. Primo strappo dei renziani

Ancora due faticose riunioni di maggioranza ieri con la Guardasigilli, poi i primi voti in Commissione Giustizia della Camera sulla riforma del Csm e dell'ordinamento giudiziario con nuovi segnali di tensione tra i partiti. L'accordo per arrivare in fondo sembra lontano, soprattutto sul sorteggio temperato per i togati, caro a Lega, Fi e Iv e sulla separazione di funzioni giudici-pm.

Sul primo punto Marta Cartabia, che ha guidato la Consulta, insiste sull'incostituzionalità e il relatore dem Walter Verini fa capire che Sergio Mattarella non firmerebbe la legge. La Guardasigilli lancia un nuovo appello all'inaugurazione dell'anno giudiziario tributario, per la «necessaria collaborazione di tutti gli attori, a partire dalle forze politiche e soprattutto dal parlamento, la cui importanza è centrale per le riforme sulla giustizia».

Eppure, nella prima riunione in mattinata (la seconda alle 18,30) tra rappresentanti dei partiti di governo e ministri Cartabia e Federico D'Incà, il titolare dei rapporti con il Parlamento propone di accelerare l'iter approvando a Montecitorio un testo «blindato» per il Senato. Lega e Italia viva dicono no. «C'è tanta attenzione alla Costituzione - dice al Giornale la senatrice leghista Giulia Bongiorno, riferendosi ai dubbi di costituzionalità sul sorteggio- e ci dev'essere anche nel rispettare la doppia lettura prevista dalla Carta. Il testo della ministra Cartabia ha bisogno di notevoli modifiche, serve una sintesi sui punti più controversi per avere una riforma davvero incisiva».

Chi sembra pronta a mettersi di traverso, sulla linea del centrodestra, è Iv. «È vero - dice Cosimo Ferri, che rappresenta il partito di Matteo Renzi in tutte le riunioni-, la nostra posizione è critica perché non vediamo le necessarie aperture da parte della Cartabia sui punti cruciali». In mattinata Iv vota a favore di un emendamento che ha il parere negativo del governo. Non viene approvato e non riguarda un punto cruciale, tra l'altro a firmarlo è l'ex presidente 5S della Commissione Francesca Businarolo, che i colleghi grillini non hanno problemi a sconfessare, ma serve a lanciare un segnale. Il giorno prima Ferri ha criticato l'introduzione, fortemente voluta da Enrico Costa di Azione, del «fascicolo per la valutazione del magistrato», con i dati su successi e insuccessi di giudici e pm in processi, inchieste, misure cautelari eccetera, definendolo una «schedatura».

Per un testo che deve arrivare in aula il 19 aprile ed essere approvato per giugno, non è proprio il ritmo che ci vorrebbe, dopo mesi di ritardi ed incalzanti appelli dal Quirinale. Ieri mattina in 2 ore e molte schermaglie vengono approvati in commissione solo due articoli, nel pomeriggio si cerca la quadra sul problema delle porte girevoli politica-magistratura, anche con un parere positivo di Palazzo Chigi sull'estendere la delega a magistrati amministrativi e contabili. Si riduce durata dei fuori ruolo a 7 anni, salvo alcune deroghe fino a 10 anni. Che si vada avanti «lentamente» l'ammette anche il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto e Verini parla di «clima costruttivo», ma aggiunge che «restano aperti i nodi delle questioni che hanno fortissimi profili di incostituzionalità, tra tutti quella del sorteggio». Costa, poi, richiama alla coerenza: «I passi avanti saranno effettivi se tutte le forze politiche manterranno i patti e in Commissione terranno fede a quanto detto davanti alla ministra». Forse allude al M5S, che minaccia di rimangiarsi l'accordo su presunzione d'innocenza e conferenze-stampa.

Per Andrea Delmastro di Fdi gli «scontri furibondi» produrranno il «solito compromesso al ribasso».

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