Il Mes non divide solo governo e opposizioni, ma spacca anche la già fragile maggioranza di Pd e Movimento Cinque Stelle. Luigi Di Maio, ministro degli Esteri e (ancora) capo politico del M5s oggi ha lanciato un avvertimento: "Non si firma al buio". Un monito che ha sicuramente l'obiettivo di ricompattare il suo partito, che da tempo è in crollo verticale di consensi anche per la deriva europeista di Giuseppe Conte. Ma è un'avvertenza che rischia di mettere ancora più in discussione la stabilità dell'esecutivo e soprattutto di mettere in allarme il Partito democratico. Partito che non governava quando Conte ha negoziato la riforma del cosiddetto fondo salva-Stati, ma che adesso, con Roberto Gualteri ministro dell'Economia, non vuole alcuna marcia indietro.
Un pericolo su cui Dario Franceschini oggi ha parlato chiarissimo e che dimostrano che il Pd non accetta ripensamenti in tema di Mes. Il capo delegazione del Partito democratico a Milano ha espresso tutto il suo disappunto verso il collega pentastellato rilanciando l'allarme che da tempo risuona nei corridoi del Nazareno ma anche di Palazzo Chigi: "Sul Mes in queste ore ci giochiamo la credibilità del Paese, l'andamento dello spread e dei mercati. Non si può giocare con il fuoco". E dall'assemblea nazionale di "Base Riformista" a Milano, il ministro dei Beni culturali lancia anche il guanto di sfida a Di Maio: "Prendo per buone le sue parole e, da qui a lunedì, vedremo se alle intenzioni seguiranno anche i comportamenti".
Anche Delrio è intervenuto spiegando che "io mi aspetto che le legittime critiche del nostro alleato non portino a provocare una crisi di credibilità per il Paese". E ancora: "Non si può stare al governo accettando compromessi su questioni che sono di grande rilevanza per la nostra credibilità. Sul Mes noi potremmo anche avere molte critiche ma c'è un problema: non si può a 4 giorni dalla ratifica di un trattato internazionale rimettere tutto in discussione e chiedere rinvii".
La spaccatura sembra insanabile. Ma non è certo una novità che l'asse Pd-Cinque Stelle si regga ormai sempre più sul filo sottilissimo del timore che delle nuove elezioni conducano il centrodestra al governo. Il problema, però, è che sul Mes si giocano partite molto più complesse e intricate. I pentastellati non possono sottostare al ricatto del Pd, ma non possono neanche abbandonare completamente il premier Conte, visto che senza l'attuale esecutivo, le elezioni condurrebbero allo scenario peggiore per il Movimento. Dall'altro lato, Conte si è impegnato con l'Unione europea ad accettare le nuove regole del Meccanismo europeo di stabilità. E non può rinunciare a quanto già concluso nelle trattative a cui ha preso parte.
Un rebus intricato che però rischia di mettere l'Italia in una vera e propria trappola. La riforma, così come congegnata, pone in serio pericolo la nostra autonomia decisionale sui temi macro-economici e, come denunciato in particolare da Lega e Fratelli d'Italia, la minaccia sulla sovranità nazionale è forte. Dai banchi dell'opposizione si chiede che Conte riferisca al più presto in parlamento sul negoziato che ha cambiato il Mes: ma per Conte, il vero problema è anche la fronda interna. Ad oggi, il Pd appare l'alleato più fidato del presidente del Consiglio in Europa, mentre il Movimento Cinque Stelle appare sempre più incerto sul nuovo corso del Conte bis.
L'impressione è che lunedì l'informativa del premier in Senato possa essere particolarmente rilevante per comprendere i nuovi equilibri di governo. Oggi il governo ha smentito il retroscena su una possibile crisi di governo paventata proprio da Di Maio: ma è chiaro che questo Mes possa far arrivare il Movimento e l'esecutivo giallorosso alla resa dei conti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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