Il governo a caccia dei soldi promessi. Che non ha

Le risorse per le imprese scarseggiano. E rivalersi sulle famiglie fa perdere voti. Scambio di "favori" tra l'esecutivo e il neo leader di Confindustria Boccia

Il governo a caccia dei soldi promessi. Che non ha

Roma - Il problema è come saldare il conto con Confindustria, senza perdere troppi voti. Tagliare le tasse su lavoro, incentivare la produttività, senza seguire la ricetta del neo presidente degli industriali Vincenzo Boccia sulle coperture: spostare il peso della pressione fiscale da un capitolo all'altro. Detassare le aziende e tassare «le cose», quindi le famiglie colpendo mattone e consumi con l'Iva. Che poi è la stessa ricetta proposta dalla Commissione europea e dal Fondo monetario internazionale.

La cabina di regia di Palazzo Chigi sui temi economici è impegnata a studiare misure per le imprese. Le chiedono gli industriali di viale dell'Astronomia che si apprestano a ufficializzare il sostegno al referendum confermativo della riforma costituzionale che si terrà in ottobre. Ma le chiede anche l'Europa. Perché la flessibilità all'Italia è stata concessa, ma sul come utilizzare i margini di spesa concessi la trattativa è ancora aperta. E Bruxelles vuole che si incentivi la produttività e si spenda per gli investimenti.

Il taglio del cuneo, cioè la differenza tra il costo del lavoro per le imprese e quanto il di dipendente si mette effettivamente in tasca è diventata la priorità. Ne ha parlato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti e anche il premier Matteo Renzi. Previsto per il 2018, la riduzione delle imposte che gravano sulle buste paga potrebbe essere anticipata al 2017.

Se sarà scelta questa strada, la famosa decontribuzione per i neoassunti scadrà definitivamente a dicembre senza essere rinnovata. Oppure il governo potrebbe decidere di confermare il taglio delle quote per la pensione che pagano datori e lavoratori per le nuove assunzioni a tempo indeterminato. Primo problema, la misura ha dato risultati temporanei ed è criticata da politici esperti di lavoro e politici di tutti gli schieramenti. La decontribuzione sarebbe depotenziata rispetto a quella in vigore. Il costo intorno ai 1,5 miliardi.

Ma Confindustria ha fatto riferimento esplicito alla produttività. Quindi detassazione di premi di risultato, quelli che le aziende riconoscono ai dipendenti. Dopo averla sospesa per un anno per mancanza di risorse, il governo ha ripristinato la tassazione unica al 10% sui premi che era stata introdotta dal governo Berlusconi. Misura da confermare anche per il prossimo anno.

Servono risorse, tutto deve essere fatto in economia. E nemmeno la nuova politica industriale che il neoministro alle Attività produttive Carlo Calenda ha messo in cantiere, denominata, «Industria 4.0», sfugge a questa logica. Non ci saranno nuovi incentivi per le imprese ma un riordino di quelli esistenti. Per farlo il dicastero ha richiamato l'ex commissario alla spending review Enrico Bondi.

Una mission impossible. Tanto che, anche in ambienti di maggioranza in questi giorni, prevalevano gli scenari pessimistici, con due alternative. O misure di facciata che costano poco. Oppure misure efficaci per rendere il peso del fisco meno oneroso per imprese. Ma con i costi da fare pagare alle famiglie.

La ricetta di Confindustria (tassare le «cose» per detassare le imprese) sembra pericolosamente quella contenuta nelle recenti raccomandazioni specifiche per Paese della Commissione europea. E a quelle del Fmi, che ci chiede di non toccare le pensioni se si vuole tagliare il cuneo fiscale. La scelta spetta a Renzi.

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