Il governo è in crisi: Ncd e mezzo Pd sfiduciano Alfano

Il ministro: «Barbarie su mio padre». Ma i dem vogliono la commissione d'inchiesta

Il governo è in crisi: Ncd e mezzo Pd sfiduciano Alfano

Dentro, nel fortino assediato, Angelino Alfano prepara la difesa ad oltranza. «Non c'è alcun rilievo giudiziario, non ci sarà un caso Lupi 2, le dimissioni sono escluse». Ma fuori, un pezzo dopo l'altro, gli sta crollando tutto addosso. Sul piano giudiziario, le intercettazioni goccia a goccia continuano a demolire la sua immagine: il fratello alle Poste, il padre con il pacco di curriculum delle persone da sistemare, il faccendiere al Viminale. Sul piano politico va ancora peggio. Le opposizioni chiedono la sua testa, mezzo partito è pronto traslocare da Berlusconi, l'altro mezzo lo difende con timidezza: otto senatori di Ncd, addirittura, vogliono la crisi di governo subito. E 36 parlamentari del Pd domandano una commissione d'indagine su Parentopoli alle Poste: da notare che la proposta risale a febbraio 2015, un anno e mezzo fa. Non restano che i renziani. «Angelino sta facendo bene il suo compito e le cose che leggiamo non coinvolgono né il suo lavoro né la correttezza del suo comportamento. La richiesta di dimissioni è pretestuosa», dice Ettore Rosato, capogruppo del Pd.

Al Viminale c'è un uomo solo al comando. Solo e infuriato. Ce l'ha con gli «scarti d'indagine», con questo stillicidio di rivelazioni che, se dal punto di vista penale, come sostengono gli avvocati del ministro, sono irrilevanti, da quello politico sono devastanti. In mattinata, dopo il question time, Alfano riusce i fedelissimi in una saletta di Montecitorio e si sfoga: «Oggi la barbarie illegale arriva a farmi scoprire, dalle intercettazioni tra due segretarie, che un uomo di ottant'anni, il cui fisico è da tempo fiaccato da una malattia neurodegenerativa che non lo rende pienamente autosufficiente, mio padre, avrebbe fatto pressioni presso le Poste per non so quale fantastiliardo di segnalazioni. È indegno dare credito a due signore che parlano, anche insultandomi, e io non so nemmeno chi siano». Nel frattempo, aggiunge, «il contenuto reale dell'inchiesta giudiziaria passa in secondo ordine in spregio ai tanti uomini dello Stato che si sono applicati».

Ma Alfano ce l'ha pure con la fronda degli otto senatori, tutti vicini a Renato Schifani, che hanno approfittato del suo momento di massima debolezza per pugnalarlo. «Abbiamo fatto cose buone per l'Italia, altre che non sono state il massimo. Adesso però è finita la fase d'emergenza e dobbiamo uscire dal governo e trattate con Forza Italia», sintetizza Giuseppe Esposito. Quanto all'inchiesta Labirinto, «nessuna coincidenza, quella è solo fango nel ventilatore». E Roberto Formigoni: «Le riforme le abbiamo fatte, il nostro compito è esaurito».

Il problema adesso è vedere se il fortino reggerà. Ncd è una pentola a pressione, stretta tra la necessità di difendere il leader e quella di marcare una qualche differenza da Palazzo Chigi. Il ministro dell'Interno ostenta sicurezza. «La fronda degli otto? Al massimo se ne andranno due o tre». Alfano incassa poi l'appoggio di Maurizio Lupi, che si dimise per molto meno, e la neutralità di Fi: «Siamo sempre garantisti», dice Renato Brunetta. Beatrice Lorenzin invita alla calma: «Dopo il referendum discuteremo su cosa fare».

Ma la carta migliore resta Matteo: senza Ncd Renzi non ha i numeri. Infatti, basta sentire Sergio Pizzolante: «È un attacco al governo e a questa classe dirigente dopo una operazione di accreditamento dei 5 stelle». Matteo, pensaci tu.

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