L'ulteriore mancato rinnovo dei contratti porterebbe a un risparmio di circa 4 miliardi l'anno: una boccata d'ossigeno necessaria per palazzo Chigi che non sa più come far quadrare i conti. Così, gli aumenti restano ancora al palo: situazione che si protrae dal 2010 e che, si calcola, abbia portato a un risparmio - da allora - di 11 miliardi. Il provvedimento in questione, il ddl delega sulla riforma della Pubblica amministrazione ora al Senato, entra nel vivo con una stangata. E Madia annuncia: «Se la discussione procede spedita e serviranno uno o due mesi in più, per me va bene, l'importante è che non si vada in letargo. E mi piacerebbe chiudere entro l'anno». Immediata la levata di scudi dei sindacati: «Togliessero i soldi agli enti locali, alle Regioni, ai Comuni e alle aziende municipalizzate, non ai dipendenti statali - tuona il segretario della Cisl Raffaele Bonanni - Stiamo ancora aspettando iniziative di spending review ». Altrettanto minacciosa la Uil: «La classica goccia che farà traboccare il vaso e rischia di essere la miccia che farà esplodere un autunno caldo nel pubblico impiego». Mentre la Cgil fa due conti: «I lavoratori pubblici hanno perso in quattro anni circa 3.600 euro lordi. Così salirebbero a 4.800».
Il quadro è cupo ma Renzi, sempre più in difficoltà e solo, attacca a testa bassa: «Il popolo è con me». In una lunga intervista al Sole24Ore , punzecchiato dal direttore Roberto Napoletano, respinge le critiche a contrattacca: «Non credo che chi governa debba scontentare: questa è una visione octroyée della democrazia». È la replica all'obiezione che, forse, più che degli 80 euro di bonus l'Italia avrebbe bisogno di scelte impopolari, specie in materia di riforma del lavoro. Niente da fare, il premier non fa autocritica e sventola il suo consenso: «La gente mi dice andiamo avanti. L' establishment che storce il naso è lo stesso che ha portato il Paese in queste condizioni». Con chi ce l'ha Renzi, in particolare? Forse con tutti meno che con Berlusconi, oggi oppositore morbido. La lista di quelli che l'hanno messo nel mirino - da sempre o da poco - è lunga. Ed è a loro che pensa il premier: da Confindustria alle burocrazie di Palazzo; dai sindacati alla minoranza Pd feroce come mai in queste.
Pesano e fanno male le stilettate di Sergio Marchionne che l'aveva inchiodato: «Basta gente col gelato in mano.
Finora risultati pochi e compromessi tanti»; al pari di quelle di Diego Della Valle, pure lui critico nei confronti del premier; per non parlare del leader di Confindustria Giorgio Squinzi: «Ora Renzi non ha più paraventi, bisogna fare le riforme». Insomma, i poteri forti si stanno scocciando del fumo renziano. Vogliono l'arrosto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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