Governo già in ritirata nella crisi con la Francia

Salvini invita il suo omologo transalpino. Che lo gela. Di Maio prima si scusa ma gli saltano i nervi

Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio con i gilet gialli
Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio con i gilet gialli

Di Maio e Salvini contro la Francia, ovvero: come spezzarsi le reni da soli.

I due vice-premier - presi per le orecchie dal Colle - innestano una precipitosa quanto tardiva retromarcia, inciampando però in una serie di spettacolari gaffe. Lo scontro gratuitamente aperto con l'alleato d'Oltralpe serviva, negli astuti piani dei due, a fare campagna elettorale, e a coprire, a mo' di cortina fumogena mediatica, i disastri economici provocati dal loro governo. Ma il terremoto che ne è seguito, e le gravi conseguenze che l'Italia rischia di pagare, li hanno colti impreparati. Il Quirinale ha mobilitato gli ectoplasmatici premier Conte e ministro Moavero per tentare di ricucire in fretta, e costretto i vice di Conte a provare a metterci una pezza. L'operazione avviata dai vice-premier sembra però un remake di «Totò, Peppino e la Malafemmena»: Luigi Di Maio, infatti, prende carta e penna e scrive a Le Monde: «Noio volevan savoir...». Ai francesi, il Peppino grillino spiega che - per carità - non voleva offendere nessuno con il suo incontro con i capi di una delle frange più violente e golpiste dei facinorosi «gilet gialli». Lo ha fatto dopo aver scoperto nel «programma» dei medesimi «temi che ormai superano destra e sinistra e mettono al centro i cittadini in un atteggiamento post ideologico». Poi si profonde in assicurazioni di «amicizia» con Parigi, assicura di tenere molto a «riaffermare la nostra volontà di collaborazione». E chiude infine con uno dei suoi proverbiali fuochi d'artificio: «L'Italia e il governo italiano - verga solenne - considerano la Francia come un Paese amico e il suo popolo, con la sua tradizione democratica millenaria, come un punto di riferimento». La perla sulla «millenaria democrazia» francese, buttata lì senza neppure un'occhiata a Wikipedia o un barlume di ricordi scolastici sul Re Sole, fa esplodere il sarcasmo dei social e le risate delle Cancellerie europee. Nel frattempo il povero Gigino viene mandato a quel paese persino dai tanto ammirati Gilet Gialli: «Dopo questa telenovela ho solo voglia di dire una cosa: ma occupatevi di casa vostra», gli replica a brutto muso una delle leader, «quanto accaduto mi pare poco serio, sembra il cortile della ricreazione». Anche l'altro vice premier, nel frattempo, ne ha combinata una grossa: giovedì ha buttato il cuore oltre l'ostacolo, dicendosi «disponibile» - lui, ministro degli Interni - ad incontrare Macron per sanare le incomprensioni. La singolare proposta viene ovviamente respinta al mittente: «In Italia - gli ricorda il portavoce dell'Eliseo Griveaux - c'è un capo del governo, che si chiama Giuseppe Conte, e Macron lo ha già incontrato molte volte». Potrebbe aggiungere «inutilmente», ma si ferma lì. Rifilando però una staffilata finale: «Le loro frasette polemiche non hanno impedito all'Italia di entrare in recessione economica, unico Paese dell'Ue». Salvini, capita l'antifona, abbassa le penne e scrive al suo omologo francese Castaner una flautata captatio benevolentiae. Ma in serata a Di Maio sono saltati i nervi.

Il capo politico M5s, nel corso della serata di chiusura della campagna elettorale in Abruzzo, parlando delle tensioni con la Francia, è andato giù duro: «Da parte del ministro dell'Interno francese, Castaner, c'è stata una scortesia istituzionale» quando ha risposto alla lettera di Salvini dicendo non mi faccio convocare da nessuno. Evidentemente sono nervosi». Poi il botto finale: «A far cadere Macron penseranno i francesi».

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