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"Il governo italiano trascura l'intelligence"

L'ex capo del Sisde: "Abbiamo i migliori agenti, ma il premier non dà una linea"

"Il governo italiano trascura l'intelligence"

«Abbiamo le migliori forze di polizia d'Europa, ma l'Italia dovrebbe mostrare più i denti»: a parlare è il generale Mario Mori, ex direttore del Sisde e comandante del Ros, di cui è co-fondatore. Una vita passata a combattere la criminalità organizzata, Mori è un grande esperto dell'antiterrorismo.

Generale, ritiene ci sia un alto rischio di attacchi terroristici in Italia?

«Ritengo che l'Italia stia molto meglio di altri Paesi d'Europa, tipo Francia, Spagna o Inghilterra. Noi non abbiamo una storia coloniale e poi qui abbiamo tanti piccoli centri dove i musulmani (quelli con passaporto italiano sono poco più di 50mila) sono molto più controllabili. Insomma, non si sono create ancora le condizioni affinché possa svilupparsi il terrorismo. E poi abbiamo forze di polizia estremamente rodate a un'attività investigativa di alto livello, perché nel tempo, dal dopoguerra, hanno affrontato una serie di fenomeni che vanno dal terrorismo interno alla criminalità organizzata».

La nostra intelligence è pronta?

«Se per intelligence intendiamo l'attività di investigazione e ricerca informativa, siamo pronti. Sull'intelligence nel senso servizi di sicurezza un po' meno. Questo perché ci portiamo dietro, come servizi di sicurezza, trenta-quarant'anni di polemiche, di critiche legate alla mala gestio, ma a mio parere la colpa è soprattutto del mondo politico, perché i servizi sono un'istituzione dello Stato, che deve esser gestita da gente che lavora nei servizi. La nostra efficienza, quindi, è condizionata da nomine il più delle volte fatte in funzione della maglietta che uno indossa e non delle qualità che può esprimere».

Cosa intende?

«Quando io ero direttore del servizio, il mio equivalente in Inghilterra, l'MI5, era la signora Manninger. Era entrata giovanissima nell'MI5 e negli anni Duemila aveva la mia età. Mi disse una cosa che io non potevo dire assolutamente: Vedi io non sono il capo del servizio di Tony Blair. Io sono il capo del servizio di Sua maestà la regina, che è tutt'altra cosa. Cioè: io rispondo alle istituzioni, non a un capo del governo che, magari, resta due mesi e poi se ne va».

Qual è il livello dei nostri agenti?

«La base dell'agente medio italiano è comunque di livello notevole. L'italiano ha una brillantezza che pochi hanno. Abbiamo pochi mezzi, ma consideriamo che rispetto a Usa e Russia siamo potenze regionali».

Pensando all'attentato di Dacca, crede che l'Italia abbia reagito bene?

«Ogni Stato ha il suo modo di reagire. Alcuni, come Israele, lo fanno con estrema violenza. Russi e americani non si lasciano aggredire senza rispondere. Noi abbiamo sempre cercato di evitare lo scontro diretto per non avere conseguenze future. Questa, finora, può essere stata una considerazione tattica positiva, però io penso che se continua questo sistema ci dovremo in qualche modo difendere mostrando un po' i denti, ma li dobbiamo mostrare bene. Un esempio? Hollande, lo scorso anno, ci chiese un aiuto di uomini dopo i fatti del Bataclan. Cosa costava a noi impiegare mille uomini in giro per il mondo? Ci avrebbe provocato un ritorno, perché domani, di fronte a esigenze per le quali dovremmo avere bisogno dell'aiuto della Francia, Hollande se lo ricorderà. Dovremmo integrarci anche quando assumiamo un atteggiamento aggressivo. L'abbiamo fatto in Irak, perché non ora? Il nostro presidente del Consiglio pro tempore, per le sue attribuzioni, deve dare indirizzi precisi all'attività dei servizi, ma questo nel tempo non si è mai verificato».

Insomma siamo una Nazione di serie B?

«Siamo una potenza di secondo piano e ci dobbiamo anche adeguare.

Bisogna essere più incisivi perché tutti devono sapere che se ci attaccano qualche tipo di risposta arriverà».

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