Governo sempre più isolato: tre mesi per sopravvivere

La sconfitta mina la maggioranza giallorossa. E Conte si rinchiude nel bunker in attesa del voto in Emilia

Governo sempre più isolato: tre mesi per sopravvivere

L a foto di Narni già raccontava tutto; le facce tirate, i sorrisi riluttanti, quell'ombra di tensione e di imbarazzo di chi sembra chiedersi: che ci faccio qua? Ora i voti in Umbria confermano che c'è una distanza tra il sentimento dei cittadini e il Parlamento, tra la vita e il Palazzo. Salvini cacciato dal governo si prende la rivincita. La maggioranza del Conte bis è una finzione. Si regge su una forzatura. Ci credono il premier e i suoi sponsor europei. Non ci credono gli elettori. Il centrodestra, che il leader della Lega ha cercato di rinnegare, è invece reale. È più forte perfino delle intenzioni di chi lo rappresenta. Tutto questo può sembrare surreale, ma è qualcosa con cui bisogna fare i conti. Cosa succede adesso?

In apparenza nulla. Un governo non cade per una regione. Non è un voto di sfiducia e la forma non viene scalfita. È la sostanza che cambia. La maggioranza di governo si sfarina. È un guscio vuoto sul quale galleggiare per tirare a campare ancora per qualche mese. Non ha una visione. Non ha una prospettiva. Non ha un'identità politica. È la maggioranza del partito della palude, che resiste con la speranza sempre più sottile di arrivare a fine legislatura e maturare una pensione da senatore o deputato. È una maggioranza ancora viva ma senza peso. È una maggioranza che vede impallidire i suoi uomini di punta.

È il caso di guardarli uno a uno. Il premier Giuseppe Conte non incassa solo una sconfitta. Spunta qualcosa che sporca la sua immagine. Il Financial Times parla di una legge ad hoc che favorirebbe un suo cliente, un fondo sul quale sta indagando la procura del Vaticano. L'avvocato, non ancora del popolo, nel maggio del 2018 viene chiamato per scrivere un parere legale a favore di Fiber 4.0, un gruppo di azionisti coinvolto in una lotta per il controllo di Retelit, una società italiana di telecomunicazioni. Chi controlla Fiber è il conto Athena, finanziato interamente da 200 milioni di dollari dal Segretariato vaticano. Appena Conte arriva a Palazzo Chigi quel parere diventa di fatto legge. Non è una faccenda da poco e fa ballare il governo. Il premier è sopravvissuto alla storia della giostra di spie tra America, Russia e Italia. Resisterà ancora? La sua maggioranza comincia a considerarlo scomodo e a destra parte la richiesta di dimissioni. Le evoca Salvini e le chiede Giorgia Meloni. Il Conte bis è un governo chiuso in un arrocco. È l'immagine di un potere lontano e asserragliato in una sorta di bunker politico. A questo punto sarà sempre più difficile trovare qualcuno disposto a metterci la faccia. È cominciata una crisi di legittimità e di consenso. L'esperimento della nuova sinistra è già fallito. Amen.

Non c'è solo Conte ad avere grattacapi. Luigi Di Maio, bisogna dirlo, non ha mai davvero scommesso sul patto con il Pd. Non è neppure un'idea di Casaleggio. È una scelta di Grillo e degli opinionisti di riferimento del movimento pentastellato. La beffa per Di Maio è che a pagare il conto di questa sconfitta sarà comunque lui. Dirà: ve lo avevo detto. Ma serve a poco. Di Maio sarà disposto a sacrificarsi per Conte, l'avvocato sempre più ambiguo che incarna il senso di questa sconfitta?

Molto peggio sta il Pd di Zingaretti. È il partito delle elezioni perse e dei governi apparecchiati dal Quirinale. Qualsiasi rinascita non può certo partire da qui. Sullo sfondo c'è Matteo Renzi, il vicino di casa più insidioso, che lavora per rubare consenso al suo vecchio partito.

Salvini, Berlusconi e Meloni incassano un'altra regione. La formula centrodestra, con nuovi equilibri, a quanto pare funziona. Quello che bisogna capire è se questo modello resisterà a livello nazionale. Molto dipende dal buon senso di Salvini. Il centrodestra non è la Lega. Non è un partito unico.

Il centrodestra per avere un futuro non effimero dovrà dare diritto cittadinanza a idee e culture non sovraniste e non populiste. È questione di equilibri. Il rischio è la voracità di chi non si accontenta di vincere e sballa, finendo fuori giri.

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