Roma - Se gli investimenti privati ed esteri in Italia scarseggiano, quelli pubblici dovrebbero migliorare. L'asso nella manica del governo, infatti, si chiama Ferrovie dello Stato.
Il piano industriale 2019-2023 del gruppo, presentato ieri, dovrebbe contribuire a un aumento annuo del Pil tra lo 0,7% e lo 0,9%, creando 120mila nuovi posti di lavoro complessivi, incluse le 12mila assunzioni dirette. È quanto ha sottolineato l'amministratore delegato delle Ferrovie, Gianfranco Battisti precisando che «su 58 miliardi di investimenti il 24% sarà sostenuto con risorse del gruppo». I target di fine piano, ha aggiunto, prevedono «16,9 miliardi di ricavi con un Ebitda di 3,3 miliardi e un utile netto che arriverà a 800 milioni di euro» dai 560 milioni del 2018.
Le spese in conto capitale saranno dedicate principalmente alle infrastrutture: 42 miliardi di euro di cui 28 per le opere ferroviarie e 14 per le strade. Ben 12 miliardi saranno investiti nuovi treni e bus, 2 miliardi saranno destinati alle metropolitane e altri 2 miliardi di servizi di information technology.
Un altro obiettivo dichiarato è «trasferire l'esperienza dell'alta velocità sui treni regionali, garantendo la stessa qualità del servizio», ha specificato l'ad ribadendo una priorità indicata tanto dal ministro delle Infrastrutture Toninelli quanto dal premier Conte che ieri con il titolare del Tesoro hanno partecipato alla presentazione. Le slide predisposte da Battisti non hanno, tuttavia, nemmeno menzionato Alitalia. «Non è un'azienda del gruppo», ha replicato il top manager ricordando la proroga al 15 giugno per la presentazione dell'offerta vincolante. «Nel caso dovessimo portare a buon fine l'operazione - ha precisato - assorbiremmo Alitalia nel piano che non cambierebbe molto nei suoi pilastri fondamentali».
Altro dossier che non è all'ordine del giorno è la privatizzazione delle Ferrovie.«La decisione resta in capo all'azionista di riferimento e, al momento, non è all'orizzonte», ha sottolineato il presidente delle Ferrovie dello Stato, Castelli.
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