Grillini in tilt dopo la disfatta "Stiamo scivolando a destra"

Dopo il voto in Abruzzo, con 200mila voti persi in un anno, i fedeli di Fico vogliono processare il capo politico

Grillini in tilt dopo la disfatta "Stiamo scivolando a destra"

Quasi duecentomila voti in meno e una percentuale dimezzata, dal 40% al 20%, in meno di un anno.

Le consuete formule consolatorie («è solo un voto locale», «alle amministrative caliamo sempre» eccetera) stavolta non funzionano: in casa Cinque stelle c'è il panico. Perché nessuno si aspettava un tracollo simile («I sondaggi dicono che ce la giochiamo», aveva lucidamente previsto il sottosegretario Luigi Vacca, abruzzese) e perché che il test avesse una portata nazionale era dimostrato dalla ossessiva presenza in Abruzzo dei leader grillini. Ora Luigi Di Maio non apre bocca, il loquace Dibba è sparito, il premier Conte è talmente agitato che si autoproclama per sbaglio «presidente della Repubblica». La candidata trombata, Marcozzi, si arrampica sugli specchi: «Macché sconfitti, i veri sconfitti sono quelli del Pd e di Fi». Toninelli ammette la «delusione». E nelle retrovie parlamentari, piene di gente atterrita dall'idea di perdere il posto, è un tutti contro tutti: c'è chi accusa Salvini che «ci cannibalizza» e chi se la prende con Di Maio «che non sa vendere neppure le cose buone che facciamo» (quali siano non si sa), chi dice che «Di Battista faceva meglio a restare ai Caraibi, visto il risultato: ha fatto solo danni» e chi se la prende con Casalino e «la comunicazione tutta sbagliata». «Spostarsi a destra non paga», insorge la «fichiana» Elena Fattori. «Veramente i voti crescono solo a destra», le replicano i fedelissimi di Di Maio. La confusione è totale, e nessuno ha un'idea per uscirne. L'unica cosa chiara è che, dalla formazione del governo ad oggi, il partito ha perso un punto al mese nei sondaggi, il voto abruzzese è la conferma del trend e ora arriverà la batosta sarda. La strada verso le Europee è una slippery slope, come dicono gli inglesi: una brutta china. Le prime analisi dei flussi dicono che i voti persi dal M5s vanno nell'astensione ma soprattutto verso la Lega. Mentre non arrivano più voti dal centrosinistra: «L'emorragia di voti Pd verso il M5s appare terminata», nota l'Istituto Cattaneo. Secondo Swg, alla Lega arrivano molti più voti nuovi dai grillini (20%) che da Forza Italia (11%).

Oggi, nel consueto vertice del martedì tra governo e capigruppo, Di Maio dovrà tirare qualche somma e dare qualche indicazione di marcia, anche per arginare il dissenso che monta nei suoi confronti, con i peones della fronda concorrente animata da Fico che rumoreggiano di richieste di assemblea per fare il processo al capo pro tempore. Dopo la batosta sarà più difficile contenere i malumori interni su caso Diciotti o grandi opere.

Una cosa però è certa: ai vertici M5s nessuno pensa di mettere in discussione l'accordo di governo con la Lega. La Casaleggio non ha alcuna intenzione di farsi scalzare dalla stanza dei bottoni, costi quel che costi. Se mai il terrore è che sia Salvini a stufarsi, come rivela l'ansioso avvertimento del capogruppo M5s Patuanelli: «Sa perfettamente che scaricarci avrebbe delle ripercussioni molto forti anche sul suo elettorato». Toninelli quasi supplica: «Un voto regionale non può mettere in crisi un governo così importante e con un consenso così ampio».

Salvini lo sa, e rassicura: «Non cambia niente», blandendo gli alleati, così «coerenti, leali e competenti». Del resto, dove potrebbe trovare dei compari di governo talmente inetti da farlo apparire - al confronto - capace, e sui quali scaricare ogni debâcle?

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