Hillary Clinton schiaccia gli altri possibili candidati democratici e li tratta con sufficienza come si è visto sabato sera nel terzo dibattito a Manchester, nel New Hampshire. Ed è la stessa Clinton a riconoscere con la investitura ufficiale di arcinemico, il repubblicano Donald Trump come suo futuro antagonista alle elezioni. Dopo aver dato al suo staff la direttiva di non deriderlo più, ma di studiare le ragioni del suo successo, ora lo demonizza: «È reclutatore dell'Isis; rendendo odiosa l'America ai musulmani, farà crescere lo stato islamico.Dall'altra parte, Trump prosegue nella sua lunga marcia verso la convenzione, con una campagna estranea alla tradizione repubblicana. Trump se ne infischia delle tradizioni. Il più irritato è Jeb Bush (figlio e fratello dei due ex presidenti) che dopo un lungo letargo ha visto che attaccando Trump sale nei sondaggi. Trump non va a caccia di conservatori, questa la sua eresia ideologica, perché dà la caccia all'americano medio democratico deluso da Obama. Un elettore che ha deciso di astenersi. Ecco dunque la prima novità: tutti i concorrenti dei due partiti scoprono che la politica estera è il vero banco di prova su cui si regolano i conti del passato. La Clinton viene chiamata a giustificare il suo appoggio all'intervento in Irak e risponde coinvolgendo i suoi concorrenti Bernie Sanders, senatore del Vermont e l'ex governatore del Maryland, Martin O'Malley, nelle responsabilità per il disastroso intervento contro Gheddafi in Libia. Uno scaricabarile rituale La Clinton ha aperto un fuoco massiccio contro Trump, colpevole secondo lei di aizzare «lo scontro di civiltà». In campo repubblicano la cortesia è ricambiata: tutti i nove possibili candidati dichiarano che il loro unico obiettivo è impedire a Hillary di conquistare la Casa Bianca. In meno di un anno la campagna elettorale si è radicalizzata: tutti i candidati hanno scelto la busta numero uno che chiede i conti sulla guerra al terrorismo islamico, con poche concessioni su quel che resta della politica estera, come le relazioni con la Russia. L'endorsement di Vladimir Putin a favore di Trump ha gettato un certo scompiglio, ma è stato accolto con molto favore dal destinatario che ha sempre considerato una sciocchezza quella di mantenere un fronte di lite continua con la Russia.Se si seguono le serie tv si scopre che tutti i telefilm che avevano come scenario uno scontro con la Russia - per esempio il popolare Madame Secretary - non sanno più che raccontare. Mentre più raffinata serie Homeland si è adeguata nei minimi dettagli agli ultimi sviluppi siriani. Si sta svolgendo dunque negli Stati Uniti una gigantesca operazione mediatica che orienta i film sul nemico del giorno e che si divide i palati del pubblico democratico e di quello repubblicano. Nel passato, operazioni simili avevano riguardato i nazisti, i giapponesi, i comunisti in generale, i sovietici, i cinesi, poi Al-Quaeda, di nuovo i russi di Putin e infine l'Isis. Adesso centinaia di attori americani di origine araba o pachistana sono arruolati in decine di serie televisive. Tutto cambia rapidamente in vista delle elezioni del 2016 e il bersaglio principale, anche in campo democratico, è il fallimento di Obama nel disastro mediorientale dove è colpevole di aver armato qualsiasi tipo di «ribelle», poi passato armi e bagagli nell'Isis.
Hillary Clinton non ha dunque rivali: sabato sera ha accettato le scuse dell'unico possibile suo concorrente, Bernie Sanders, i cui collaboratori hanno ficcato il naso nei suoi computer. Sanders, ormai fuori gara potrebbe essere, così indebolito, il candidato vicepresidente ideale. In campo repubblicano si è creata un'intesa fortissima fra Donald Trump e Ted Cruz, che marciano in perfetta sintonia- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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