Hillary la "liberal" è pronta alla guerra

Seguendo l'esempio del marito Hillary Clinton crede nell'interventismo. Purché sia "umanitario"

Hillary la "liberal" è pronta alla guerra

Uno dei più inquietanti interrogativi: ma se Hillary Clinton vincesse le elezioni di novembre, come dovrà essere chiamato suo marito: The first Gentleman? O il primo marito? E che cosa proverà (proverebbe) la prima donna alla Casa Bianca prendendo possesso dello Studio Ovale dove si svolsero le più capricciose imprese sessuali di suo marito Bill? Il Presidente repubblicano Dick Nixon (quello che dovette dimettersi per lo scandalo Watergate) era diventato il mentore segreto di Bill Clinton da cui andava spesso a cena attraversando un tunnel riservato. Scrisse poi un libro intervista in cui diceva molto bene del presidente democratico, ma metteva in guardia contro la moglie: «Attenti a Hillary. Quella donna è tremenda, non mi piace ed ha una influenza deleteria su Bill».

Oggi vediamo il «primo gentleman» al fianco di sua moglie che arranca dovendo battersi a destra contro Trump e a sinistra contro lo scatenato Sanders che seguita a vincere Stati, ma che non ha molta speranza perché i «super delegati», cioè i quadri del partito, non lo sostengono. Ci chiediamo se Hillary sarà un nuovo Obama o un nuovo Bill. Per esempio se avrà una mano leggera o pesante in politica estera. Bill, suo marito e First Gentleman, fece la voce grossa più volte e strinse un patto con Massimo D'Alema, presidente del Consiglio nel 1999, per scatenare una fantastica «guerra umanitaria» contro la Repubblica Federale di Jugoslavia che durò 78 giorni colpendo ripetutamente Belgrado dalle basi italiane. Obama invece non ha voluto intervenire mai e ha lasciato marcire il Medioriente. Che cosa farà la First Lady diventata Ms President? Certamente non scioglierà la Nato come vorrebbe il suo concorrente Trump e praticherà probabilmente una politica estera anche interventista, come già le è successo da Segretario di Stato, nel disgraziato caso della Libia. Il celebre avvocato Hillary Diane Rodham maritata Clinton ha scelto la linea almeno formale della continuità con il presidente in carica Barack Obama da cui ha ereditato e sviluppato un elettorato non bianco: prevalentemente nero, ma anche latino e asiatico e a quell'elettorato dovrà rispondere mantenendo le promesse che ripete ogni giorno sullo stato delle comunità nere che l'hanno sponsorizzata. Sul piano sociale interno dovrà accentuare gli interventi di welfare introdotti da Obama ed è stata già costretta dal rivale Sanders ad abbassare l'età del Medicare a 53 anni.

È una donna vincolata da molti impegni, troppe promesse, benché la sua elezione resti l'esito più prevedibile delle elezioni presidenziali. Il suo dovrebbe essere un elettorato di donne, ma non è affatto pacifico che sia così: le associazioni femminili e femministe le voltano le spalle accusandola di essere uno strumento di potere dell'alta finanza, che è anche la principale accusa che le rivolge da sinistra Bernie Sanders. C'è dunque da aspettarsi da lei una linea economica dettata da Wall Street e molto tradizionale nel campo dei diritti civili. È prevedibile che in politica estera voglia mantenere il braccio di ferro con la Russia di Putin, sulle orme del suo predecessore. Obama ha costituito in questi mesi una brigata corazzata supertecnologica che pattuglia i confini della vecchia Unione Sovietica, cosa che irrita molto il Cremlino.

Lo stesso dicasi per il Medio Oriente: la Clinton sembra incline ad un intervento diretto di Boots on the ground, stivali sul terreno, nella crisi libica siriana. Paradossalmente, il candidato liberal e cioè di centrosinistra può assumere atteggiamenti molto più «di destra» di quelli del repubblicano Trump.

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