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I batteri annidati nel rubinetto hanno ucciso Nina e tre bimbi

Il citrobacter era nascosto lì da anni e l'impianto non era mai stato sanificato. Il nosocomio riaperto ieri

I batteri annidati nel rubinetto hanno ucciso Nina e tre bimbi

Adesso la mamma di Nina lancia un sospetto terribile: «Voglio sapere perché volevano operarla tutti i costi. Voglio sapere cosa volevano nascondere». Finora credeva che fosse solo accanimento terapeutico, quello dei medici che insistevano per intervenire sul cervello di sua figlia, ridotta in stato vegetale dal citrobacter. Ma ieri arriva la svolta nelle indagini: Nina si era ammalata in ospedale, a Verona, per colpa del batterio annidato in un rubinetto mai sanificato. Come lei sono morti altri tre bambini, altri nove hanno avuto il cervello devastato, altri novantasei si sono ammalati e hanno tuttora il batterio in circolo. Una strage. E ora Francesca Frezza, madre di Nina, chiede che si indaghi fino in fondo. Sulle negligenze, e anche su quella incomprensibile voglia di operare. Per convincerla i dottori le dicevano: «Magari poi la può dare in adozione».

Le analisi della commissione d'inchiesta nominata dalla Regione Veneto non lasciano spazio ai dubbi. A scatenare l'epidemia che a partire dalla fine del 2018, nel reparto di terapia intensiva neonatale dell'Ospedale della Donna e del Bambino ha trasformato in calvari un numero impressionante di «lieti eventi», è stata la mancata pulizia di parte delle strutture idrauliche del reparto. In un rubinetto si è installato indisturbato un focolaio di citrobacter. Così, uno dopo l'altro, bambini appena venuti alla luce si sono ammalati. Per Lorenzo, Nina, Tommaso e Alice non c'è stato scampo.

La gravità della scoperta è tale che il presidente della Regione, Luca Zaia, appena il documento gli è arrivato sul tavolo lo ha trasmesso alla Procura della Repubblica perché indaghi sulle responsabilità della catena di morti e di malattie. La relazione di servizio è stata inviata anche a tutte le famiglie delle piccole vittime, per consentire loro di proseguire nella loro battaglia.

L'ospedale di Borgo Trento è stato riaperto ieri, dopo la chiusura decisa dai vertici della struttura solo dopo l'ultimo decesso, avvenuto il 12 giugno scorso. Il reparto è stato sanificato, a Borgo Trento da ieri sono tornati a nascere i bambini. Ma ora si dovrà capire come sia stato possibile che davanti ai numeri impressionanti di neonati colpiti dall'infezione non sia scattato per tempo un allarme. I vertici dicono che di alcune morti dovute al batterio si è appreso solo ora, analizzando i tessuti dei piccoli conservati in laboratorio. Ma il tasso di mortalità e morbilità era comunque fuori misura.

In mano ai genitori dei bimbi ci sono ora gli studi che da sempre indicano l'ambito ospedaliero come il principale sito di diffusione del citrobacter e l'apparato cerebrale dei neonati tra gli organi più vulnerabili. Eppure il focolaio è rimasto al suo posto, per anni. E, come se non bastasse, ai piccoli ricoverati in terapia intensiva è stata somministrata in qualche modo acqua del rubinetto.

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