No al riconoscimento della paternità anche se già attestata all'estero se non c'è legame biologico con il genitore. Sì però all'adozione anche per le coppie dello stesso sesso. La Cassazione nel rispetto del divieto alla maternità surrogata in vigore in Italia respinge il ricorso di una coppia omosessuale che voleva il riconoscimento automatico all'anagrafe della paternità del secondo padre non biologico per una coppia di gemelli concepiti e nati all'estero grazie al ricorso alla procreazione medicalmente assistita. Due donne avevano contribuito alla nascita: una donando gli ovociti, l'altra ha portando avanti la gravidanza. Figli dunque ottenuti grazie alla pratica della maternità surrogata vietata in Italia ma ammessa e legale in molti paesi. In alcuni anche a pagamento. La casistica dei possibili modi con il quali le coppie omosessuali nel nostro paese accedono ad una genitorialità che sia pienamente riconosciuta dalla legge si arricchisce di un nuovo capitolo che rende il quadro normativo sempre più complicato perché definito a colpi di sentenze spesso molto diverse tra loro. Questo caso coinvolge una coppia di bimbi nati in Canada, dove la maternità surrogata «altruista» è legale ed aperta a coppie etero ed omo. I due padri, italiani, si erano già sposati in Canada e alla nascita dei bimbi avevano ottenuto il riconoscimento della genitorialità del secondo papà. Una volta in Italia hanno chiesto che fosse riconosciuta la paternità per entrambi, dunque anche per il padre che non ha legami biologici con i piccoli. E nel 2017 la Corte d'appello di Trento ha in effetti dato il via libera al riconoscimento della paternità in nome dell'«interesse superiore del minore». Gudizio però respinto successivamente dalla procura generale della Cassazione che aveva chiesto di annullare la sentenza. La questione quindi è finita su tavolo delle sezioni unite della Cassazione proprio per la delicatezza e l'importanza del caso che a questo punto sarà il testo di riferimento per casi analoghi. I giudici hanno ritenuto che il riconoscimento del rapporto di filiazione con il padre privo di legami biologici di fatto fosse incompatibile con «il divieto della surrogazione di maternità» che è previsto dalla legge 40 sulla procreazione assistita. Un principio, precisano i giudici, «posto a tutela della dignità della gestante e dell'istituto dell'adozione». E proprio l'adozione per i giudici è la soluzione praticabile nel caso specifico.
«I valori tutelati dal predetto divieto, ritenuti dal legislatore prevalenti sull'interesse del minore, -è scritto ancora nella sentenza- non escludono la possibilità di attribuire rilievo al rapporto genitoriale, mediante il ricorso ad altri strumenti giuridici, quali l'adozione in casi particolari». La Cassazione dunque ci dice che la dignità della gestante calpestata da una pratica come quella della maternità surrogata non può non essere tutelata ed è prevalente persino rispetto all'interesse del minore perché quest'ultimo può comunque trovare risposta nell'adozione che però va decisa solo per casi «particolari».
L'avvocato Alexander Schuster, difensore della coppia, pensa già di ricorrere alla Corte di Strasburgo per ottenere il diritto al riconoscimento in automatico pur apprezzando l'apertura all'adozione.
Ed è proprio questa apertura invece a preoccupare le associazioni cattoliche che invece plaudono alla decisione delle Cassazione che pone un «argine contro il riconoscimento in Italia di pratiche di utero in affitto sfruttate all'estero».
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