RomaTanto tuonò che piovve. Le premesse c'erano tutte; le avvisaglie pure. Le proteste dei giorni scorsi da parte dei sindacati contro la riforma della «buona scuola» proposta dal governo Renzi hanno sortito un primo effetto. I Cobas hanno deciso di varcare il Rubicone della mediazione sindacale annunciando lo slittamento degli scrutini con un blocco delle attività scolastiche di due giorni. «Riteniamo che vadano rotti gli indugi - spiega il portavoce dei Cobas, Piero Bernocchi - per dare con urgenza un forte segnale che tranquillizzi i docenti e che dimostri la legittimità della forma di lotta proposta».
I Cobas, in attesa che anche le altre sigle sindacali attraversino il Rubicone che porta dalla semplice protesta allo sciopero, hanno anche indetto una manifestazione nazionale per il prossimo 7 giugno. Il blocco di due giorni, fanno sapere dal sindacato di base, riguarderebbe tutto il personale scolastico e inizierebbe subito a ridosso della fine delle lezioni. Quindi con calendario differenziato per ogni regione. Ora la parola passa all'Autorità di garanzia per gli scioperi che dovrà valutare la legittimità di questa forma di protesta. «L'Autorità valuterà la legittimità dell'atto di proclamazione nelle prossime ore e lo farà con rigore a tutela degli utenti» si limita a dire Roberto Alesse, presidente dell'Autorità di Garanzia per gli scioperi. Lasciando tutti ancora con il fiato sospeso. Meno attendista si mostra il premier che con i suoi soliti tweet punta a difendere la bontà della riforma in questi giorni al vaglio dell'aula di Montecitorio. «Ascoltare significa ascoltare, non assecondare» e «non stiamo licenziando nessuno e il piano pluriennale di assunzioni c'è ma per concorso» sono i due slogan più rilanciati dal popolo del web.
Ma i Cobas non sembrano gradire la sua efficacia retorica e puntano dritto al cuore della questione. «Restiamo in attesa di una nuova convocazione - incalza Bernocchi - affinché Renzi ci spieghi come potrebbe un preside con centinaia di docenti nei vari plessi (che vede, al più, due o tre volte l'anno in collegio docenti) giudicarne le capacità didattiche; dovrebbe inoltre spiegarci con quali capacità medianiche lo stesso preside potrebbe “ingaggiare” dagli albi territoriali docenti mai visti e conosciuti». Anche all'interno dello stesso Pd c'è chi vorrebbe tornare a discutere della riforma della scuola. La minoranza del Pd sembra più costruttiva e meno barricadera ma sono i suoi voti, poi, al passaggio al Senato della Riforma che potrebbero risultare determinanti.
Gianni Cuperlo, ad esempio, ieri ha ribadito nel corso di un'intervista a Repubblica che va rivista la «chiamata nominativa da parte dei presidi» e soprattutto va rimodulata la norma che stabilisce il finanziamento dei privati grazie al 5 per mille. «Bisognerebbe invertire le percentuali - spiega il leader della minoranza Pd - l'80% al fondo di perequazione e il 20 alla contribuzione diretta».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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