RomaTira brutt'aria a Bruxelles per i conti pubblici italiani. E forse nemmeno l'approvazione del Jobs Act riuscirà a frenare l'intenzione di avviare per l'Italia la procedura d'infrazione (la Francia già c'è), prevista dai Trattati.
A peggiorare il clima è stata l'approvazione della Nota d'aggiornamento al Def (Documento di economia e finanza) che ufficializza la mancata riduzione prevista del deficit strutturale (il calo nel 2015 sarà dello 0,2%, contro lo 0,5%); e l'aumento, anziché la diminuzione, del deficit nominale (il prossimo anno doveva essere all'1,8% del pil, secondo il governo Renzi salirà al 2,9%).
Al ministero dell'Economia sono convinti, però, che grazie al calendario l'ipotesi della procedura d'infrazione potrebbe essere scongiurata. A Palazzo Chigi non si pronunciano, ma qualche preoccupazione inizia a serpeggiare nei corridoi. Formalmente, si ostenta sicurezza. Nella convinzione che durante il summit sul Lavoro di domani a Milano Renzi riuscirà a convincere i «falchi» europei che il Jobs Act rappresenta la riforma strutturale con cui scambiare margini di flessibilità sul bilancio.
Al Mef, però, fanno più affidamento sul calendario.
Mercoledì 15 ottobre dovrebbe svolgersi il Consiglio dei ministri per il varo della legge di Stabilità. Il 15 ottobre è il tempo limite per inviarla alla Commissione. Prima non può essere approvata: manca il ministro dell'Economia (e nemmeno sarebbe vantaggioso farlo). Padoan parte domani per gli Annual Meeting del Fondo monetario a Washington. Ci resterà fino a domenica. Lunedì 13 e martedì 14 sarà impegnato con le riunioni di Eurogruppo ed Ecofin a Lussemburgo.
Una volta ottenuta la legge di Stabilità, la Commissione Ue ha tempo due settimane per dire se va bene o se il governo deve renderla più incisiva. Vale a dire che il responso arriverà il 1° novembre. Ma il giorno di Ognissanti si insedia la nuova commissione. Quindi, è probabile che sarà il nuovo commissario (il socialista francese Moscovici) a decidere come «modulare» le raccomandazioni da spedire a Roma.
Da notare che Renzi ha detto di condividere l'impostazione sui conti pubblici assunta da Parigi: da un paio d'anni con un deficit intorno al 4% e con un piano di riportarlo sotto il 3% nel 2017.
Con un particolare. Pietro Nenni diceva: la politica cammina sulle gambe degli uomini. Ed anche i conti pubblici. Il direttore generale della commissione Affari economici (quella oggi di Katainen e domani di Moscovici) rimarrà molto probabilmente lo stesso: Marco Buti. Un funzionario italiano che si è fatto le ossa all'Eurostat e che Prodi volle vicino durante la permanenza a Bruxelles. Sarà sempre Buti ad impostare il giudizio della Commissione sulla Legge di Stabilità, anche se cambia commissario. E non può permettersi particolari indulgenze sui conti italiani (pena l'accusa di partigianeria); anche perché la sua carriera non dipende da Palazzo Chigi e tantomeno dal ministero dell'Economia.
A Via XX Settembre - forse perché conoscono bene Buti - si augurano che sarà il nuovo
commissario a «congelare» il giudizio sulla manovra di bilancio, proprio per le scadenze temporali legate alla formazione della commissione ed i tempi per inviare le raccomandazioni. Tutto si scoprirà la notte di Halloween.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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