In questi giorni c'era da aver paura a incontrare un tassista. La concorrenza, a volte selvaggia, compresa quella della sharing economy, ha causato negli autisti arrabbiature tali da sfociare in violenza. Sappiamo tutto, lo abbiamo visto in tivù. Non sappiamo invece perché, essendo i taxi un servizio pubblico, non siano scattate le precettazioni. Forse per paura? Il sospetto c'è.
Ci sono anche delle certezze però. Una su tutte: i tassisti non sono i soli a pagare dazio a un sistema di servizi per il consumatore che, grazie al web (per semplificare), sta disintermediando intere filiere distributive. Si pensi al vecchio e sano «negozio» assediato, per dirne una, da Amazon. E proprio ieri ne abbiamo avuto una prova leggendo lo studio di Confcommercio «Imprese e città, demografia d'impresa nei centri storici italiani». La ricerca ci dice che, nel periodo tra il 2008 e il 2016, in un campione di 40 medi comuni italiani, le imprese del «commercio al dettaglio con sede fissa» (sostanzialmente i negozi) sono diminuiti quasi del 15%: in 9.600 hanno chiuso l'attività nei centri storici (-12,4% in periferia). Tra gli esercizi commerciali classici sono in crescita solo alberghi, bar e ristoranti. A soffrire di più sono settori quali libri e giocattoli (ha chiuso un negozio su 4) o vestiario e tessili (sparita una vetrina ogni 6). Proprio le due tipologie più aggredite da Amazon, ebay & c. Che stanno ai negozianti come Uber sta a i tassisti.
Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, nel commentare i dati del suo ufficio studi ha sottolineato l'aspetto più serio di un fenomeno pericoloso: «Senza negozi in città c'è meno luce, bellezza, socialità. E meno sicurezza». Mentre il lato economico riguarda ovviamente il dramma della chiusura di migliaia di piccole imprese.
È una maggioranza silenziosa che vale 3 milioni di contratti di lavoro, in difficoltà da anni, e che però ben si guarda dal procurarsi i tirapugni. O dal devastare i quartieri.
Abituati a operare in un contesto sempre più liberalizzato, ci pare che i commercianti - così come gli artigiani di «bottega» e tanti altri settori economici messi in crisi dalla tecnologia e dalla globalizzazione - affrontino le nuove regole del gioco senza minacciare o ricattare nessuno. Una lezione troppo facilmente dimenticata.
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