I produttori di tabacco fanno lo spot anti-fumo E scoppia la polemica

La Philip Morris: aiutiamo chi vuol smettere Onlus e centri di ricerca sul cancro in rivolta

I produttori di tabacco fanno lo spot anti-fumo E scoppia la polemica

Manuela Gatti

Chi ieri nel Regno Unito acquistava una copia del Daily Mirror se la trovava «impacchettata» da una sovracopertina pubblicitaria: quattro facciate per dire basta al fumo. Il finanziatore della campagna, però, ha lasciato interdetto più di un lettore: Philip Morris, il gigante del tabacco, proprietario, tra gli altri, di Marlboro. Il primo produttore di «bionde» del mondo che lancia una pubblicità così esplicita contro quelle stesse sigarette: a poche ore dall'arrivo delle copie in edicola le critiche erano già in corso. «È un'ipocrisia sconcertante - ha commentato il Cancer Research, principale organizzazione no-profit a livello mondiale per la ricerca sul cancro -. Il modo migliore per aiutare le persone a smettere di fumare è smettere di produrre sigarette».

L'iniziativa si chiama Hold My Light, «Tieni il mio accendino», e consiste in un programma motivazionale per arrivare all'addio definitivo alle sigarette, puntando anche sul sostegno delle persone vicine (di qui il nome). Primo obiettivo: stare lontano dal pacchetto per un mese, perché questo «aumenta di cinque volte le probabilità di smettere per sempre», come spiega il sito della campagna citando dati governativi. Oltre agli spazi acquistati sui quotidiani, per far conoscere il progetto gira anche un video in cui una ragazza - una fumatrice - deve superare un percorso a ostacoli alla Mission Impossibile prima di riuscire ad affidare agli amici il proprio accendino, e starne lontano.

L'amministratore delegato di Philip Morris, Peter Nixon, ha spiegato che la campagna punta a «sostenere i fumatori nella ricerche di alternative» alle sigarette tradizionali. Non per niente l'azienda ha investito 4 miliardi di sterline nello sviluppo di altri prodotti, dalle sigarette elettroniche - PM detiene i marchi Nicocig, Vivid e Mesh - al sistema Iqos, che scalda il tabacco senza bruciarlo, evitando quindi di produrre fumo e cattivo odore. Sono proprio questi i modi - insieme all'astinenza tout court, per chi ci riesce, e ai palliativi come i cerotti e le gomme da masticare - suggeriti dall'iniziativa per chi vuole smettere definitivamente. Alle critiche di chi sostiene che l'unica azione d'aiuto sarebbe quella di smettere di vendere «cicche», Nixon ha replicato che la direzione è quella, ma ci si arriverà tra un po'. «Le sigarette rappresentano ancora l'87% del nostro business - ha spiegato -. Vogliamo diventare smoke-free il prima possibile, ma ci vuole tempo». Se dall'oggi al domani le Marlboro non dovessero esserci più, ha ribadito il Ceo, i clienti passerebbero semplicemente a un altro marchio.

Secondo Deborah Arnott, numero uno della Onlus Ash, Action on Smoking and Health, Philip Morris «sta salendo sul carro delle misure anti-fumo varate dal governo, che hanno funzionato, per cercare di trarne benefici commerciali». Da quando Londra l'estate scorsa ha lanciato il Tobacco Control Plan - vietando ad esempio le pubblicità di sigarette e uniformandone i pacchetti, tutti verdi e identici tranne per il nome del brand - i britannici stanno effettivamente diventando più virtuosi: se nel 2011 i fumatori erano il 19,8% della popolazione, l'anno scorso la percentuale è scesa al 15,5 e quest'anno al 14,9. Il piano del governo prevede di arrivare al 12% entro il 2022.

Il futuro dei produttori non può quindi che essere nei prodotti alternativi, non solo per una questione di coscienza pulita ma anche per necessità di bilancio. Secondo i critici Philip Morris starebbe approfittando di questo calo di vendite per fare pubblicità agli altri prodotti. L'azienda però ribadisce: «Smetteremo definitivamente di vendere sigarette».

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