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I vertici militari mettono in guardia le forze armate: "Niente ribellioni"

Sette generali e un ammiraglio firmano un incredibile messaggio interno per scoraggiare "ogni insurrezione" e per ricordare che dal 20 il nuovo "comandante in capo" sarà Joe Biden

I vertici militari mettono in guardia le forze armate: "Niente ribellioni"

Un incredibile messaggio interno rivolto a tutte le forze armate dai vertici militari americani mette in guardia contro qualsiasi «sedizione e insurrezione» e ricorda che il 20 gennaio il nuovo «comandante in capo» sarà Joe Biden. Un pronunciamento senza precedenti firmato da sette generali e un ammiraglio, che riflette un timore ben peggiore. Fra i rivoltosi filo Trump, che hanno preso d'assalto il Congresso, c'erano diversi veterani e anche personale militare in servizio. Non solo: i sevizi segreti e l'Fbi stanno facendo un attento controllo dei 20mila militari della Guardia nazionale che saranno schierati a Washington il giorno dell'insediamento del nuovo presidente. Si temono infiltrazioni di personale anti Biden, che potrebbe scatenare ammutinamenti.

Non è un caso che i vertici militari aprano il memo interno ricordando come «il popolo americano» si sia sempre «fidato delle forze armate degli Stati Uniti per proteggere la nostra Costituzione da quasi 250 anni». E subito dopo gli alti ufficiali scrivono che le truppe difenderanno il Paese «contro tutti i nemici, stranieri e interni». I nemici interni sono i ribelli che hanno assaltato il Congresso e altre quinte colonne che potrebbero essere annidate nelle stesse forze armate. Il capo degli Stati maggiori riuniti, generale Mark Milley, il comandante dei marines, David Berger, il generale a capo della Guardia nazionale, Daniel Hokanson, l'ammiraglio Mike Gilday, responsabile delle operazioni navali e altri alti ufficiali sottolineano che «i diritti alla libertà di parola e di riunione non danno a nessuno il diritto di ricorrere alla violenza, alla sedizione e all'insurrezione». E aggiungono che «qualsiasi atto volto a interrompere il processo costituzionale non è solo contrario alle nostre tradizioni, valori e giuramento (ma) è contro la legge». L'inusuale «pronunciamento» evidenzia, con Donald Trump ancora in carica, che il 20 gennaio «il presidente eletto Biden () diventerà il nostro 46° Comandante in Capo». La conclusione rivolta a tutti gli uomini e donne delle forze armate, in Patria e all'estero, sembra proprio voler evitare ammutinamenti: «State pronti, rivolgete lo sguardo all'orizzonte e rimanete concentrati sulla missione. Onoriamo il continuo servizio in difesa di ogni americano».

Fra i 25 accusati di «terrorismo interno» per l'assalto al Campidoglio potrebbero esserci anche militari. E sicuramente fra i 170 rivoltosi individuati ci sono veterani e personale ancora in servizio. La prima identificata è il capitano Emily Rainey, esperta di guerra psicologica a Fort Bragg, lo storico quartier generale dei Berretti verdi, i corpi speciali Usa. Rainey guida addirittura un gruppo ultraconservatore di «cittadini per la libertà» che era al Campidoglio durante l'irruzione. L'ex ufficiale più alto in grado con tanto di elmetto e giubbotto antiproiettile fotografato all'interno del Congresso è il tenente colonnello dell'aeronautica Larry Rendall Brock finito in manette. Anche il famoso «sciamano» è un ex con le stellette, ma un altro radicalizzato che ha passato sei anni in Marina si chiama Joshua Macias fondatore dei «Veterani per Trump». Ashli Babbitt uccisa durante l'assalto al Congresso era una veterana dell'Irak e dell'Afghanistan. Le milizie che pianificano nuovi attacchi per l'insediamento di Biden arruolano ex militari, anche delle forze speciali. Una falange addestrata, che secondo Ali Alexander, fondatore del gruppo di estrema destra «Stop the steal» ha goduto dell'appoggio di tre deputati repubblicani durante l'assalto al Congresso.

Il presidente Trump è stato sospeso per una settimana da YouTube a causa di un video che incitava la violenza e il sindaco di New York, Bill de Blasio, ha cancellato rutti i contratti con le società dell'inquilino della Casa Bianca.

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