Gli imprenditori chiedono stabilità: "Adesso serve un esecutivo operativo"

Lupo Rattazzi paga una pubblicità contro Savona e l'uscita dall'euro

Gli imprenditori chiedono stabilità: "Adesso serve un esecutivo operativo"

Preoccupazione. Sconcerto per i veti e per alcune dichiarazioni «ostili all'euro». Gli appelli a «fare presto». Il bacino elettorale da cui hanno pescato molti consensi anche le due forze della maggioranza antisistema dichiaratamente vicine a imprenditori e commercianti è in fibrillazione.

Ottantotto giorni di altalena sui mercati e in bilico su scenari pro e contro la moneta unica sono troppi. Imprenditori e artigiani chiedono quella stabilità economica che nelle ultime settimane è stata bruciata dall'instabilità politica. Demoliscono i muri antigermanici e ricordano il pericolo di certi scenari. Come quello attribuiti all'ex ministro del Tesoro in pectore del governo giallo verde, Paolo Savona. Con una pubblicità a tutta pagina su Repubblica l'imprenditore Lupo Rattazzi, 65 anni, rampollo di casa Agnelli, figlio di Susanna Agnelli e di Urbano Rattazzi, ieri contestava platealmente il famoso piano B del professore per uscire dall'euro. A nord-est, nella locomotiva d'Italia a trazione leghista dove la ripresa è arrivata prima, si respira la stessa insofferenza. La narrazione che alimenta lo scontro ideale tra Italia e Germania viene considerata «inutile e dannosa», secondo il presidente di Confartigianato Veneto, Agostino Bonomo. Che ricorda come «quello è il nostro primo partner commerciale» è come «Berlino sia sempre stato un modello di efficienza politica ed economica». La sovranità sembra un tema lasciato ai comizi da campagna elettorale permanente. Serve «concretezza»: «Rischiamo di finire in un pentolone nazionale involutivo che è l'esatto contrario dello scenario di autonomia responsabile che auspicavamo». Il cronometro delle imprese non segue i tempi dilatati della politica attorcigliata su se stessa. Al Giornale, Matteo Zoppas, presidente degli industriali del Veneto, affida un appello preoccupato: «Imprese e i cittadini hanno bisogno di un esecutivo che sia pienamente operativo, scongiuri l'aumento dell'Iva e tranquillizzi i mercati. Hanno bisogno di provvedimenti costruttivi, espansivi e propulsivi in materia di fisco e lavoro. In nome del bene collettivo, si faccia presto». E soldi, fa notare Franco Baccani, Confindustria Toscana: «In una settimana sono andati in fumo cento miliardi. Tutta la politica sta giocando a risiko. Siamo sconcertati. Le imprese hanno bisogno di una rappresentanza seria e di stabilità». Il dibattito euro no euro? «Solo pensare di uscire è una cretinata. Con la lira pagavamo il 10-12 per cento di interessi sul costi del denaro, con l'euro intorno al 2-3 per cento. Tornare indietro significherebbe il default del Paese».

È lo spauracchio della moneta unica, per Pietro Ferrari, presidente di Confindustria Emilia Romagna, a essere incomprensibile è anacronistico: «Il problema per le aziende non è l'instabilità politica, ma il solo prendere in considerazione l'uscita dall'euro. La tenuta dei conti è a rischio».

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