Che cosa rischia davvero Matteo Salvini, indagato dalla Procura di Agrigento per sequestro di persona, arresto illegale e abuso d'ufficio a causa dei fatti della Diciotti? In realtà poco, almeno dal punto di vista giudiziario. La questione è un'altra: non importa che si arrivi a un processo, l'inchiesta è soprattutto mediatica e ogni atto, interrogatorio, perquisizione, saranno usati politicamente contro di lui.
La vera gogna, per il ministro dell'Interno, è iniziata col viavai dei politici di centrosinistra sulla Diciotti, con i post degli odiatori seriali, con le accuse di chi punta il dito contro un vicepremier che non ha altro scopo se non quello di difendere il suo Paese impedendo l'accesso di chi, clandestino, entra illegalmente in Italia, altro che sequestro di persona, come recita l'ipotesi d'accusa. Che succederà adesso? Prima di tutto va detto che il ministro non ha ancora deciso come si muoverà. Fonti del Viminale fanno sapere che «ci penserà da martedì in poi», ma il passaggio dall'avvocatura dello Stato dovrebbe essere inevitabile.
Gli atti dovrebbero essere trasmessi mercoledì alla Procura di Palermo che dovrà inoltrarli al Tribunale dei ministri, ovvero all'organo di garanzia che dovrà esprimersi sulla condotta del ministro. Entro 15 giorni lo stesso dovrà dare notifica a Salvini, in modo che gli sia data la possibilità di presentare eventuali memorie. Il Tribunale dei ministri è una branca del tribunale ordinario, competente per giudicare l'intero consiglio dei ministri.
Entro 90 giorni, quindi, l'organismo competente deciderà di archiviare oppure di rinviare tutto al procuratore per l'autorizzazione a procedere. Ed è a questo punto che Salvini non rischia, visto che è la Camera a cui appartiene l'indagato (in questo caso il Senato) a dare oppure a negare l'autorizzazione. Il ministro, vista la forte maggioranza parlamentare, non dovrebbe avere problemi. Se, al contrario, ma sarà davvero molto difficile, si decidesse di rinviare Salvini a giudizio, le procedure saranno quelle di un normale processo.
L'altro indagato nell'inchiesta che vede la parte politica di centrosinistra fomentare in ogni modo possibile la polemica contro il ministro dell'Interno, è il suo capo di gabinetto, Matteo Piantedosi. Che si dice assolutamente «sereno, tranquillo e determinato». Fonti del Viminale fanno sapere che «Piantedosi non è turbato dall'indagine del pm di Agrigento. Il suo rapporto con Salvini, professionale e umano, non è in discussione e si è addirittura rinforzato». Da parte sua, Salvini apprezza sempre di più la concretezza e lo stile del suo capo di gabinetto. «Nella cerchia dei collaboratori di Salvini - proseguono le fonti - non si è aperta alcuna crepa».
Peraltro, il ministro ha dalla sua una percentuale altissima di italiani e movimenti politici. Ieri i dirigenti e i militanti del Movimento nazionale per la Sovranità si sono autodenunciati come «correi» di Matteo Salvini in quanto elettori che hanno contribuito a dare mandato al ministro di fermare gli sbarchi di migranti clandestini nel nostro Paese.
In qualità di segretario del partito, Gianni Alemanno spiega di aver dato mandato al loro ufficio legale «di verificare la possibilità di denunciare il pm Luigi Patronaggio ai sensi dell'art. 294 del codice penale che sanziona gli attentati contro i diritti politici del cittadino».
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