È un conflitto a bassa tensione, di cui in Occidente si parla poco, quello che continua a svolgersi nel Golfo Persico. Da una parte Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi ed Egitto, dall'altra la penisola del Qatar, uno stato piccolo, ma detentore di uno dei fondi sovrani più ricchi del mondo, con un patrimonio di oltre 300 miliardi di dollari, partecipazioni azionarie nelle più importanti aziende del pianeta (dalla Volkswagen a Tiffany, da Credit Suisse a Barclays). Da oltre un anno il Qatar si trova, di fatto, isolato dai Paesi che gli sono vicini (perfino i cammelli qatarioti sono stati rimpatriati). La contrapposizione, formalmente, è stata motivata dal fatto che che il Qatar avrebbe sostenuto organizzazioni legate al terrorismo. Rimprovero poco credibile, considerato che l'Arabia Saudita non è immacolata a riguardo.
In pratica, piuttosto, i vicini non gradiscono il fatto che il piccolo e ricchissimo emirato, retto da Tamim bin Hamad al-Thani, si muova in autonomia politica. I contatti con Iran, Russia, Cina, Turchia, risultano molto indigesti. Come risulta indigesta ai vicini la presenza proprio in Qatar di Al Jazeera, network informativo che ha monopolizzato lo scenario giornalistico mediatico, ed è diventato il riferimento informativo mediorientale. E ancora meno gradito ai vicini il fatto che il Qatar rappresenti oggi uno degli stati economicamente in ascesa, con investimenti in tutto il mondo - come si accennava - e una proiezione internazionale crescente: dai mondiali di calcio 2022 - in stadi da 150 mila persone tutti con aria condizionata - alle gare automobilistiche e motociclistiche, a una ricca serie di istituzioni ed eventi legati all'arte, alla cultura, al turismo.
Le ultime notizie riportano una perdita di 69 milioni di euro da parte di Qatar Airways a causa del blocco delle rotte aeree. Altra notizia recente, gli Emirati avrebbero acquistato mezzi di intercettazione dai servizi segreti Israeliani per tenere sotto controllo le comunicazioni tra gli alti papaveri qatarioti. Addirittura, nelle scorse settimane, vari giornali hanno parlato di un piano saudita per isolare fisicamente la penisola qatariota, scavando un canale. In breve, la pressione dei paesi limitrofi sul Qatar non si riduce, nonostante vari organismi internazionali abbiano consigliato di mollare la presa. Anche perché gli squilibri nella regione rischiano di avere un impatto negativo sul controllo del terrorismo in un'area del pianeta nient'affatto tranquilla.
Nonostante questo l'emirato di Tamim bin Hamad al-Thani non si dà per vinto. Anzi, l'isolamento ha innescato, oltre al moto di orgoglio nazionale, un processo di ripensamento culturale e civile, del paese. Per esempio, il Qatar che si trova, giocoforza, sempre più in contatto con l'Occidente, sta implementando una serie di iniziative volte a potenziare l'istruzione femminile, come la Qatar Foundation, che crea legami con svariate università partner, in particolare negli Usa. O come la biblioteca nazionale del Qatar, disegnata dall'architetto olandese Rem Koolhaas. Una gigantesca costruzione e un capolavoro di design. Nei primi mesi di apertura si parla di oltre cinquantamila iscritti ai servizi, e 150 mila libri in prestito. O come il grande museo di arte islamica, una delle più grandi raccolte di arte del mondo.
Ma la reazione all'embargo continua anche dal punto di vista economico: al forum economico di Berlino, qualche giorno fa il Qatar ha dichiarato che investirà nell'economia tedesca 10 miliardi di euro, mossa diplomatica (oltre che economica) di ulteriore avvicinamento all'Europa. Per quanto riguarda la questione dei (numerosi) investimenti italiani, le autorità qatariote hanno confermato gli investimenti in Sardegna su Air Italy, e stanno discutendo su come evitare il trasferimento di 51 lavoratori a Milano. Insomma, il dinamismo qatariota sembra trarre nuovi motivi di azione dall'embargo.
A questo punto si aspetta che i principali attori internazionali (vedi alla voce Usa e Donald Trump, che pure aveva fornito qualche rassicurazione a riguardo) si rendano conto che è il caso di muoversi per una risoluzione rapida, e razionale, della questione.
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