Israele, pioggia di missili dalla Striscia di Gaza

Tre morti e tredici feriti, colpito anche un bus. Risposta di Gerusalemme con un raid

Israele, pioggia di missili  dalla Striscia di Gaza

Gerusalemme Dalla possibilità di un accordo a quella di una guerra con morti e feriti e Hamas che torna insieme alle altre milizie terroriste a tenere in ostaggio tutti i cittadini israeliani del Sud.

Ce l'ha messa tutta Netanyahu per evitare una guerra, ha persino consentito che il Qatar consegnasse a Hamas 15 milioni di dollari in contanti. Ha accettato come mallevadore il presidente al Sisi, che ha parlato con gli israeliani e con Abu Mazen per creare le condizioni di un accordo dopo le aggressioni contro il confine israeliano. Ma lo scorpione sul dorso della rana la punge mortalmente mentre nuota portandolo in salvo.

Nonostante le tasche piene e la promessa di un porto, di zone di pesca, di apertura dei confini, in un'ora ieri fra le quattro e le cinque del pomeriggio una grandine di missili, circa duecento, si è abbattuta sul sud di Israele. A Ashod un supermarket è stato distrutto, un ragazzo di 19 anni che viaggiava su un autobus colpito rischia di morire, a Netivot una casa è stata rasa al suolo. Le sirene suonano ovunque, la gente è chiusa o corre al soccorso, il fuoco divampa, gli aerei dell'aviazione israeliana bombardano Gaza e il canale tv Al Aqsa. Là per ora si parla di tre morti, tredici feriti e di 20 obiettivi militari colpiti. Netanayhu è tornato in gran fretta da Parigi, dove, alla riunione dei capi di Stato riuniti in memoria della fine della Prima Guerra Mondiale, aveva ripetuto l'intenzione di gestire lo scontro con Hamas con cautela. Una intenzione criticata fino nel gabinetto di sicurezza. La gente della Striscia protesta che non può più vivere sotto la minaccia continua, il primo ministro è accusato di debolezza. Hamas che con manifestazioni un po' meno aggressive si era trasformato per poco in un interlocutore possibile, è tornato a essere se stesso, e Abu Mazen che avrebbe voluto piegarlo tagliandogli i fondi forse è soddisfatto.

La fiammata di ieri ha origine in una vicenda ancora misteriosa: Israele si è svegliata con l'annuncio che il comandante di Hamas a Khan Yunis, Nur el Din Baraka, era stato ucciso e con lui un suo luogotenente. Poco dopo, il nome avvolto nel segreto, si è saputo che un alto ufficiale di un'unità speciale israeliana era stato ucciso, che un altro soldato era ferito gravemente. Ufficialmente non si sa ancora il nome del comandante israeliano, un 41enne che lascia mogli e tre bambini e che viene chiamato soltanto «M» nella disperazione dei suoi cari che lo hanno sepolto alla presenza di migliaia di persone e del presidente della Repubblica Reuven Rivlin.

Il giovane ucciso è stato definito un eroe che «ha fatto molto di più di quello che si possa rivelare». Qui pare non si sia trattato di un tentativo fallito di eliminazione, ma di un gruppo coperto speciale che già da tempo era infiltrato per raccogliere informazioni su armi e piani, e che è stato scoperto. Qui è cominciata la sparatoria e oggi l'attacco di viene chiamato reazione, vendetta, punizione.

Ma ha ragione un cittadino che mentre corre nel rifugio e la sirena urla (come fa ogni cinque minuti) trascinando i suoi bambini grida: «Primo ministro, deciditi, non possiamo vivere così, rischiando la vita dei nostri figli ogni giorno».

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