Ius soli, il bluff della sinistra per scaricare il "no" sul Colle

Invocano due settimane: così potranno addebitare a Mattarella il fallimento. L'irritazione del Quirinale

Ius soli, il bluff della sinistra per scaricare il "no" sul Colle

Fine legislatura con sgarbo a Mattarella: da varie anime sparse della sinistra - minoranza Pd in testa, poi Verdi, Radicali, scissionisti ex Pd eccetera - è partito nelle ultime 24 ore un forsennato pressing. Bisogna «allungare la vita del Parlamento» per «approvare lo ius Soli», e «bastano due settimane», assicurano.

La richiesta è alquanto pretestuosa, e serve solo a scaricare sul capo dello Stato la responsabilità della mancata approvazione di una legge che, come tutti sanno, non ha i numeri in Parlamento, e a creare imbarazzi al premier. Già, perché non è affatto vero che, come dice Barbara Pollastrini della sinistra Pd, «basterebbero pochi giorni in più» per approvare la legge sulla cittadinanza anche in Senato. Sul testo pendono infatti decine di migliaia di emendamenti delle opposizioni, e per discuterli e votarli ci vorrebbero settimane di lotteria parlamentare, durante le quali potrebbe passare qualsiasi modifica. Per approvare lo ius Soli in tempi ragionevoli e senza emendamenti bislacchi sarebbe dunque necessario che il governo mettesse il voto di fiducia, blindandolo. Ma mettere la fiducia su una legge che non ha i numeri in Senato è proprio l'azzardo suicida che Mattarella (e Gentiloni) vogliono evitare, perché porterebbe alla caduta del governo e a un vuoto di potere che si trascinerebbe nelle prossima, difficile legislatura.

Mentre ora, con i passaggi stabiliti dal Colle, Gentiloni non darà le dimissioni e resterà in carica «con pieni poteri», come sottolineano in ambienti quirinalizi, e - almeno fino alla convocazione delle nuove Camere - non solo «per il disbrigo degli affari correnti».

E oltretutto, riconvocando le Camere e riaprendo il dossier ius soli si regalerebbe agli oppositori più feroci della legge, dai leghisti ai grillini, il formidabile palcoscenico per una grande sceneggiata anti-immigrati in piena campagna elettorale: un harakiri che il Pd vuole evitare. «Gli unici ad essere stati contenti, in caso di arrivo del provvedimento in aula, sarebbero il Movimento 5 Stelle e la Lega di Calderoli, che vogliono solo la bocciatura della legge e magari anche le sue ripercussioni politiche», ricorda con realismo la vicepresidente Pd del Senato Rosa Maria De Giorgi.

Tutto questo è chiaro a chiunque mastichi di politica, e dunque anche a coloro che in queste ore lanciano accorati appelli a Mattarella, fingendo di non saperlo. «Non può e non deve finire così - dice Gianni Cuperlo - con una conclusione che mortifica le ragioni del diritto e della democrazia. Il capo del governo e il segretario del Partito Democratico chiedano al presidente Mattarella di prolungare la legislatura di pochi giorni». E il senatore Luigi Manconi si chiede: «Ma chi l'ha detto, che si debba votare il 4 marzo? E chi ha stabilito che le Camere si sciolgano tra 24 o, al più, 48 ore?», ben sapendo che è esattamente questa l'agenda prevista dal Colle. Da dove filtra un certo fastidio per questa levata di scudi fuori tempo massimo, in un momento tanto delicato. Il capo dello Stato non ha mai nascosto di considerare assai importante l'approvazione dello ius soli, ma sa anche che non ce ne sono le condizioni politiche, e la sua priorità, in questa fase, è che resti in sella «un governo che governi».

Il renziano Andrea Marcucci ammonisce: «Le leggi passano quando vengono approvate nei due rami del Parlamento. Alla Camera il Pd aveva la maggioranza e lo ius soli è stato approvato.

Al Senato non la ha, e ricordo che le unioni civili furono approvate solo perché Renzi ebbe il coraggio di mettere la fiducia». E «prolungare la legislatura non fa crescere i voti favorevoli al provvedimento: quindi firmare appelli è nobile ma purtroppo inutile».

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