Jihad, Parigi e Gerusalemme: il Viminale finisce sotto assedio

Il ministero uscente alle prese con allarmi sicurezza e pressioni internazionali. La suggestione di un Minniti-bis

Jihad, Parigi e Gerusalemme: il Viminale finisce sotto assedio

Super lavoro, in questi giorni, per il Viminale. I fermi dei presunti terroristi, la scorsa settimana, con quattro differenti operazioni a Foggia, Torino, Roma e Latina e Cuneo prima, la questione immigrati, i fatti di Bardonecchia e ieri i capricci di Israele, hanno dato non poco da fare agli uomini guidati dal ministro dell'Interno, Marco Minniti. Il suo nome, in questi giorni, è rimbalzato più volte sulle cronache nazionali.

«Mai rischio terrorismo così alto - ci spiegato il titolare del Viminale in un intervista rilasciata al Giornale nei giorni scorsi - e timore infiltrati Isis tra i migranti in arrivo sulle coste italiane». Un bel grattacapo per chiunque, soprattutto per chi è al vertice del ministero più importante. La sicurezza, infatti, in Italia è una priorità, soprattutto in un momento in cui la caduta del Califfato ha scatenato i lupi solitari. Ma l'agitazione è arrivata anche da Bardonecchia, dopo l'alzata di testa dei gendarmi francesi che con supponenza e prepotenza hanno fatto ingerenze in territorio italiano. Il telefono del ministro, sabato scorso, per tutto il giorno pare sia stato bollente. Un andirivieni di telefonate da e verso la Farnesina per studiare una linea comune, dura a sufficienza da far capire alla Francia che non si può permettere di mettere i piedi in testa all'Italia. Insomma, il messaggio da far passare è stato alla fine inviato senza indugio, con la benedizione di tutti i partiti politici: «Macron non si permetta più di sconfinare».

E poi c'è l'annuncio dell'altro ieri, sul possibile arrivo di profughi da Israele. La Farnesina nega per prima, a ruota segue proprio il Viminale: «Le porte rimarranno chiuse», annunciano dal ministero dell'Interno. Insomma, pare non ci sia dubbio sul fatto che non esiste alcun accordo tra Tel Aviv e l'Europa. Alla fine, dopo un pressing che deve aver toccato le poltrone giuste, arriva la smentita ufficiale dalla portavoce italiana dell'Unhcr, Carlotta Sami.

In tutto questo da fare Minniti è riuscito sempre a tenere la barra dritta. Non ha ceduto di un passo, neanche di fronte alle critiche, perché di lui si può veramente dire tutto, ma non che non sia un lavoratore, uno che si impegna e, almeno, prova a fare qualcosa. Come nel caso dei flussi migratori che, comunque la si possa pensare, hanno comunque avuto un notevole ridimensionamento. Minniti è l'uomo che all'interno del Pd continua ad avere un peso politico, nonostante Matteo Renzi, durante la conferenza stampa per le sue dimissioni, abbia anche provato a far passare la disfatta del collega a Pesaro come il simbolo degli insuccessi del Partito democratico. Alla fine, però, il ministro dell'Interno resta il politico di centrosinistra al quale anche il centrodestra riconosce dei meriti e non solo per il suo curriculum che ha un peso innegabile.

Per assurdo, se non si trovasse un accordo per un governo tra Lega e Movimento 5 Stelle o qualsiasi altra ipotesi di esecutivo che possa accontentare le parti, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, potrebbe persino pensare a un governo di scopo, affidando a chi ha saputo fare la guida del Paese. E a Minniti potrebbe toccare, ipotizza anche qualcuno, addirittura la premiership.

Anche se le ipotesi più accreditate parlano di un Minniti bis al Viminale. «Di qui - ci ha detto il ministro durante l'intervista, indicando la sedia davanti alla sua scrivania - sono passati tutti gli schieramenti politici». Chissà che non riesca a metterli d'accordo tutti.

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