Il Movimento 5 stelle ha il suo primo arrestato. Alla faccia di quell'«onestà, onestà» tanto proclamata dai grillini. Fabrizio La Gaipa, primo dei non eletti nel partito di Beppe Grillo alle elezioni regionali siciliane del 5 novembre, è ora agli arresti domiciliari perché accusato di estorsione da alcuni dei suoi dipendenti. L'imprenditore, infatti, è proprietario di un albergo ad Agrigento. Con lui è stato indagato anche il fratello Salvatore, per il quale è stato previsto il divieto di dimora in città.
Sono stati gli uomini della squadra mobile a svolgere le indagini e a trovare riscontro in quanto dichiarato dai collaboratori di La Gaipa. I poliziotti non hanno notato rispondenza tra gli emolumenti dichiarati e quelli versati ai lavoratori, che sarebbero stati costretti a firmare delle buste paga false. Un passato da giornalista e scrittore, il 42enne, il 5 novembre aveva incassato oltre 4mila voti anche grazie a slogan come «Da una parte gli onesti, noi, dall'altra tutti i partiti». Parole d'ordine in linea con la supponenza tipica dei pentastellati, che pure vantano numerosi sindaci indagati (dal primo cittadino di Roma, Virginia Raggi fino a quello torinese, Chiara Appendino, dal livornese Filippo Nogarin fino al sindaco di Bagheria, Patrizio Cinque) ma per i quali i guai giudiziari sono solo quelli degli altri. Infatti in campagna elettorale i grillini avevano diffuso sui social network i nomi dei candidati delle liste a sostegno di Musumeci, il candidato presidente del centrodestra poi vincitore, che avevano avuto a che fare a vario titolo con la giustizia.
Tornando a La Gaipa, i suoi dipendenti lo avrebbero incastrato con semplici registrazioni, poi consegnate alla polizia e finite per le indagini di rito nelle mani degli uomini della squadra mobile agrigentina. E pensare che oltre 4mila persone lo hanno votato. Il collegio dei probiviri del Movimento 5 stelle, vista l'innegabilità dei fatti, ha sospeso il suo iscritto in via cautelare. Gli articoli 4 e 5 del regolamento, infatti dispongono l'espulsione immediata di persone che abbiano a carico procedimenti penali.
Luigi Di Maio, in visita a Washington, non ha usato mezzi termini: «La Gaipa si è messo fuori da solo per quello che ha fatto. Noi abbiamo reagito subito, a differenza degli altri». Per poi proseguire: «Il governo Musumeci, in Sicilia, si regge su un deputato che è stato arrestato. La Gaipa non è un eletto e non è un portatore di voti». Insomma, la solita storia del «noi siamo onesti, tutti gli altri disonesti», nonostante tutto.
Ieri pomeriggio, peraltro, sulla pagina Facebook del Movimento è uscito un comunicato con cui il partito si dissocia totalmente, in puro stile grillino, dal suo candidato, specificando che «non essendo stato eletto, non è un rappresentante del M5s». Dichiarazione che ha scatenato l'ira del Pd. Il deputato Emanuele Fiano non gliele ha mandate a dire: «Che cosa volevano fare? Dargli un premio? È il minimo sindacale, salvo il fatto che i magistrati sono arrivati prima arrestandolo per estorsione». Renato Brunetta (Forza Italia), ha rilanciato: «Com'era la storia degli impresentabili? Che dicono Di Maio, Di Battista e Cancelleri?».
Sarebbe da capire perché, dal 2013, anno dell'iscrizione di La Gaipa al Movimento nessuno
si sia accorto che uno degli esponenti di punta in Sicilia, sul quale, pare, proprio i vertici del partito di Beppe Grillo avevano puntato, operava in maniera illecita, traendone vantaggio, a discapito dei suoi dipendenti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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