Era domenica quando Matteo Renzi ha spento la candelina del primo anno di governo, dodici mesi in cui lo scenario politico si è andato per certi versi logorando nel centrodestra e per altri ribaltando nel centrosinistra. O in quello che ne rimane se passati 366 giorni esatti dall'arrivo del segretario del Pd a Palazzo Chigi sono ormai saltati tutti quei rapporti di forza che fino a poco tempo fa tenevano insieme il centrosinistra.
Renzi, probabilmente per una scelta ragionata e con l'obiettivo rompere con l'ala più estrema, ha infatti deciso di salire sulle barricate e ormai da mesi è ai ferri corti sia con la minoranza interna al Pd che con Sinistra e libertà di Nichi Vendola. Per non parlare del mondo sindacale, visto il deciso muro contro muro con la Cgil di Susanna Camusso e la Fiom di Maurizio Landini. Una frattura che si va dilatando, tanto che ieri Pippo Civati ha fatto sapere di essere pronto a «parlare con Landini». Una posizione che non rappresenta il corpaccione della minoranza dem (il bersaniano Miguel Gotor si mostra cauto), ma che pone comunque l'accento sul tema di un rassemblement dell'area di sinistra che non si riconosce in Renzi: un fronte trasversale che parte dalla fronda interna al Pd, passa per il sindacato e arriva fino a Sel. Un mondo che si va riorganizzando, convinto che la rottura con il premier sia ormai insanabile.
Una frattura che con ogni probabilità Renzi ha cercato di favorire, per sganciarsi dalla «zavorra» della sinistra estrema da una parte e strizzare l'occhio a un elettorato più moderato - quello a cui piace il Jobs Act per capirci - dall'altra. Un'operazione che avrebbe ancora più senso se l'orizzonte del leader del Pd fossero le elezioni anticipate. Questo sì, infatti, giustificherebbe la trincea nella quale si è infilato adesso un Renzi che dopo la rottura del Nazareno se la deve vedere anche con un opposizione decisamente più agguerrita.
Il tempo dirà quale è davvero il punto di caduta del leader del Pd. E un primo test per capire quanto percorribile sia la strada delle urne anticipare lo avremo con le amministrative di primavera quando andranno al voto ben sette regioni.
Quel che è certo è che oggi la congiuntura è talmente favorevole che Renzi può spingersi ad ipotizzare una riforma della Rai per decreto (quindi fatta dal governo e non dal Parlamento). L'avesse soltanto pensato non Silvio Berlusconi ma solo Maurizio Gasparri sarebbero già iniziati i girotondi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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