Parlare di «deriva autoritaria», come hanno fatto alcuni esponenti dell'opposizione, è più propaganda che altro. Ha dunque buon gioco Matteo Renzi a ridicolizzare chi gli contesta una «gestione dittatoriale» del governo, cosa che il premier ha fatto proprio ieri parlando davanti agli studenti della Luiss. Detto questo, non c'è dubbio che uno dei limiti che sta mostrando il leader del Pd in questo primo anno passato a Palazzo Chigi sia quello di non saper delegare.
Di qui, alcune delle scelte «al ribasso» nelle ultime nomine o per arrivare alle recenti dimissioni di Maurizio Lupi la decisione di non sostituire il ministro uscente e prendersi lui l'interim delle Infrastrutture. «Per rimettere a posto le cose», fanno sapere i suoi. Ma il sospetto è che le ragioni siano ben altre e che l'obiettivo sia quello di prendere tempo per poter individuare ancora una volta un sostituto che non sia troppo ingombrante. Lo schema, d'altra parte, potrebbe essere lo stesso applicato al ministero degli Esteri. Con la differenza che l'uscita di Federica Mogherini promossa Alto rappresentate per dell'Ue per gli Affari esteri era prevista e, dunque, sulla sua successione Renzi ha potuto lavorare con tutta la calma del caso. Nonostante questo, Giorgio Napolitano avrebbe respinto al mittente almeno due possibili successori perché considerati «troppo deboli» - prima di cedere sul nome di Paolo Gentiloni, uno che in cinque mesi alla Farnesina non si è fatto notare poi molto.
E qui sta il punto. Perché la sensazione è che ciò che Renzi ha più a cuore sia che nessuno possa fargli ombra o contrariarlo. Di qui, forse, la ritrosia a rinnovare la squadra di governo. Non solo per quanto riguarda Lupi se sono ormai passati due mesi dalle dimissioni del ministro per gli Affari regionali senza che sia stato ancora individuato il sostituto di Maria Carmela Lanzetta.
Pur essendo un uomo solo al comando, dunque, anche il premier ha le sue paure. Non si spiegherebbe altrimenti l'ossessione quasi maniacale di nominare in qualsiasi posto di rilievo solo uomini di stretta osservanza renziana. Il cosiddetto «giglio magico», perché l'intera pattuglia di neo-nominati arriva da Firenze, al più dalla Toscana.
Il criterio, insomma, è quello di essere persone di provata fiducia. Meno quello della capacità personale. Il che comporterebbe il dover delegare, una di quelle cose che un accentratore come Renzi sembra far fatica a fare. E alla lunga potrebbe essere proprio questo il suo limite.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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