Coronavirus

"Lasciami lavorare e ti faccio diventare ricco". Arcuri & C., i buchi neri della pandemia

Altre indagini avevano già ipotizzato concussioni in commesse e forniture

"Lasciami lavorare e ti faccio diventare ricco". Arcuri & C., i buchi neri della pandemia

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Quella di Forlì è solo l'ultima inchiesta aperta su quello che sarebbe successo in piena pandemia negli appalti pubblici per la fornitura delle mascherine e altri dispositivi. Nell'esercito di società e imprese che avrebbero cercato di fornire materiale per affrontare l'emergenza Covid ci sarebbero stati anche imprenditori «che senza alcuno scrupolo hanno cavalcato l'onda dell'emergenza pandemica al solo fine di ricavare profitti economici, non curandosi della salute pubblica», né di quella «degli operatori sanitari» ai quali sarebbero finiti i dispositivi, si legge nell'ordinanza che ha portato ai domiciliari Minenna e alla custodia cautelare per altre 33 persone nell'ambito di un'inchiesta più ampia della Dda di Bologna.

Altre indagini sulle forniture Covid avevano già ipotizzato come imprenditori, presunti mediatori, sedicenti consulenti, abbiano cercato di sfruttare le proprie relazioni personali con pubblici ufficiali per ottenere commesse e appalti. Una stagione emergenziale in parte diventata territorio di business opachi, perché tra le pieghe delle deroghe temporanee al codice degli appalti e alle normative ordinarie nel nobile intento di fare presto, di consentire forniture rapide a un Paese travolto dal Covid, si sarebbero insinuati gli episodi di malaffare. Da tempo vengono avanzate richieste di commissioni parlamentari d'inchiesta per capire cosa sia accaduto: «Sono stato il primo a chiedere una commissione d'inchiesta seria sul Covid - dice Matteo Renzi - qualcuno ha fatto la cresta durante la pandemia? Chi glielo ha permesso? Sono domande che meritano risposta. Non diventeremo mai giustizialisti. Ma perché non la faccio partire subito? C'è forse qualcuno che ha paura della verità?». É stata la Procura di Roma la prima ad accendere i riflettori sulla gestione della struttura commissariale guidata allora da Domenico Arcuri, in un procedimento per cui è stato chiesto il suo rinvio a giudizio per abuso d'ufficio. Lo ha fatto nell'ambito di un'indagine su una maxi commessa in cui compariva un ex giornalista, Mario Benotti, che avrebbe, secondo i magistrati, tentato di sfruttare la sua conoscenza con l'allora commissario per fornire mascherine allo Stato. Non è solo questione di rapporti personali. Ma anche di cosa sia stato davvero importato. La gran parte di quei dispositivi, infatti, non era a norma. Proprio come, secondo l'accusa, sarebbe emerso nell'inchiesta di Forlì. In un'altra indagine dell'ottobre scorso con tre arresti ottenuti dai magistrati capitolini, un imprenditore veniva descritto dai pm come in «rapporti con personaggi noti» per il tramite dei quali «riesce ad avere contatti con pubblici amministratori che in questo periodo si occupano delle forniture pubbliche». I messaggi intercettati sulle commesse di mascherine erano di questo tenore: «Tu lasciami lavorare (...) te faccio diventare...

molto molto benestante, forse potresti anche essere considerato ricco».

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