Davide Zamberlan
La Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo ha stabilito che il controllo indiscriminato delle email aziendali dei dipendenti costituisce una violazione del diritto al rispetto della vita privata della persona.
La sentenza, emessa ieri, ha dato ragione a Bogdan Mihai Barbulescu, un ingegnere rumeno che nel 2007 si era visto licenziare dall'azienda per cui lavorava per aver violato norme interne che proibivano l'utilizzo di strumenti di lavoro per motivi personali. Viene così ribaltata una lunga vicenda processuale, cominciata con il ricorso di Barbulescu contro il licenziamento: ricorso respinto prima da un tribunale di Bucarest, poi da una Corte d'Appello rumena e, in ultimo, dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che si è pronunciata a favore dell'azienda con una sentenza del 12 gennaio 2016.
La Grande Camera il giudice d'appello della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha tuttavia fatto prevalere il diritto al rispetto della vita privata e della corrispondenza personale. Con una votazione di 11 giudici a 6 presieduta dal giudice italiano Guido Raimondi, la Grande Camera ha ravvisato una violazione dell'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo che tutela il diritto al rispetto della vita privata e familiare, del domicilio e della corrispondenza. In particolare, i giudici di Strasburgo hanno ritenuto che i tribunali rumeni abbiano omesso di verificare se Barbulescu fosse stato messo a conoscenza dall'azienda della possibilità che la corrispondenza personale poteva essere oggetto di monitoraggio. E hanno inoltre concluso che l'ingegnere non era nemmeno stato informato in anticipo della durata e della natura del controllo posto in essere dall'azienda.
Il tema del controllo delle email di lavoro dei dipendenti e dell'utilizzo che gli stessi fanno degli strumenti aziendali è stato al centro del dibattito politico e sindacale successivo all'approvazione del Jobs Act. Uno degli aspetti più discussi della nuova disciplina del lavoro approvata dal governo Renzi è stato infatti l'articolo 23 del decreto legislativo del 14 settembre 2015, n. 151, con cui il governo ha riscritto l'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori sui controlli a distanza posti in essere dalle aziende sui propri dipendenti. Le norme introdotte dal Jobs Act stabiliscono che non sono più necessari accordi sindacali e autorizzazioni preventive per monitorare gli strumenti aziendali utilizzati dal dipendente. Il lavoratore tuttavia deve essere preventivamente informato che il telefonino, il tablet o il computer aziendali in dotazione sono sotto controllo. Le nuove norme previste dal Jobs Act continuano a riguardare solo gli strumenti aziendali, in quanto rimangono inviolabili gli apparecchi personali.
Le informazioni così raccolte, continua il decreto legislativo, saranno «utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro», quindi anche per motivi disciplinari, nel rispetto comunque di quanto previsto dal codice della privacy: è dunque fatto salvo l'obbligo in capo alle aziende di informare i dipendenti anche sulle modalità e sulle finalità della raccolta dei dati. Che in ogni caso non possono essere monitorati e conservati in modo indiscriminato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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