Lega, il timore nascosto dei big: il Capitano può finire come Fini

La sensazione: è pericoloso ridurre a «gossip» il caso Russia. E Di Maio: «In un mese è cambiato tutto»

Lega, il timore nascosto dei big:  il Capitano può finire come Fini

«E se Matteo questa volta stesse sbagliando strategia?». Il dubbio in casa Lega rimbalza quasi ovattato, schermato dalla linea ufficiale imposta da via Bellerio a tutti i parlamentari: non un commento sul Russiagate, perché «meno se ne parla e prima il caso si sgonfia». Parola di Salvini. Che non a caso da giorni segue una precisa strategia di distrazione comunicativa, commentando lo scibile umano persino l'appello per l'adozione di 117 cani randagi del Cara di Mineo fuorché la vicenda dei presunti finanziamenti di Mosca alla Lega. Un caso che non sta tenendo banco solo in Italia se proprio ieri la presidente designata della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha deciso di rinviare il faccia a faccia con il capogruppo di Identità e democrazia, il leghista Marco Zinni, proprio a causa dell'affare Metropol.

Eppure il leader della Lega non sembra avere dubbi sulla bontà della scelta. Tanto che ieri, dopo un incontro con le parti sociali al Viminale, ha deciso di aprire il dossier della legge di Bilancio, appuntamento clou del prossimo autunno, rilanciando la flat tax. Il problema è che, almeno fino ad oggi, il Russiagate continua ad essere al centro del dibattito. E non solo perché la magistratura procede con l'inchiesta (ieri è stato ascoltato Gianluca Savoini, che si è avvalso della facoltà di non rispondere) ma anche e soprattutto grazie a Conte e al M5s che non perdono occasione per spingere all'angolo Salvini. Il premier, ancora ieri, ha ribadito che farebbe bene a riferire in Parlamento. Non per fargli uno sgarbo, ci mancherebbe. Solo per «dovere di trasparenza». Mentre Alessandro Di Battista lo ha definito «un bugiardo» perché «la sua difesa sul caso Russia-Savoini è ridicola».

In questo quadro, insomma, il timore di molti big del Carroccio è che la scelta di andare avanti con le manovre evasive possa non essere la migliore. Soprattutto dopo che prima una caterva di foto e poi lo stesso Conte hanno smentito la versione di Salvini che aveva assicurato di non avere rapporti con Savoini e di non averlo invitato alla cena con Putin a villa Madama. «Continuando a giocare in difesa Matteo rischia di fare la stessa fine di Gianfranco Fini», confidava ieri in privato un big lombardo del Carroccio. Non perché in Lega ci sia chi pensa che Salvini abbia delle responsabilità, come poi ha appurato la magistratura con la vicenda della casa di Montecarlo. Ma perché, a prescindere dalle colpe personali, fu proprio la scelta dell'allora presidente della Camera di bollare per mesi come «gossip» l'inchiesta del Giornale a dare un'impressione di debolezza che ha poi aperto la strada della sua rovinosa caduta. Non a caso, fa notare l'esponente leghista di cui sopra, il ministro dell'Interno nei suoi colloqui privati e pubblici derubrica anche lui la vicenda Metropol a semplice «gossip». E con questo approccio, commentavano ieri due deputati leghisti per i corridoi del terzo piano di Montecitorio, «diamo un'immagine di estrema debolezza». Invece è la sensazione di molti colonnelli del Carroccio della prima ora, soprattutto lombardi e veneti è arrivato il momento di reagire. Qualcuno ha avuto anche l'ardire di dirlo al vicepremier che, pare, abbia risposto con toni piuttosto duri.

D'altra parte, com'è inevitabile che sia, sono giorni di grande nervosismo per un Salvini che per la prima volta da quando è al governo si trova costretto all'arrocco. Anche ieri, quando pur volendo parlare della legge di Bilancio, in conferenza stampa si è trovato costretto a rispondere alle inevitabili domande sul Russiagate.

«Non intendo parlare di soldi che non ho visto, né ho chiesto. Mi occupo di vita reale», ha replicato. Con grande soddisfazione di un ritrovato Luigi Di Maio. «Avete visto com'è strano il mondo? In un mese cambia tutto», gongolava ieri con i suoi collaboratori.

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