Economia

Ma è l'egoismo tedesco il vero nemico dell'Europa

Renzi se la prende con gli inglesi per la Brexit anziché con Berlino, cresciuta grazie alla crisi alle spalle di tutti

Ma è l'egoismo tedesco il vero nemico dell'Europa

La reazione alla Brexit, specie quella italiana, è peggio della Brexit. I leader europei e il codazzo dei loro intellettuali portati al servilismo accusano il popolo e se la prendono con chi ha ascoltato il grido del si-salvi-chi-può, invece di mettere in mostra le ragioni per cui non è fuggendo dall'Europa che ci si salva la pelle. È proprio questo persistente disprezzo che spiega bene il voto britannico. Di certo, se esiste ancora una classe dirigente che ama il sogno europeo (Berlusconi dixit) ha il compito di dire la verità. Non di minacciare gli inglesi cercando di terrorizzare chi è tentato di emularli, ma affermando con decisione drammatica che si va verso la rovina non soltanto dell'Unione europea ma del residuo benessere della nostra gente, se non si metterà in campo una decisa svolta politica ed economica tra gli Stati che la compongono.

Tocca amaramente constatare che il nostro premier è assolutamente inadeguato a imprimere quel cambiamento forte che qui rilancerò e che, nonostante tutto, chiedo ancora a Matteo Renzi di far suo. I segnali che ha dato in queste ore sono pessimi. Invece di porre la questione in termini drammatici, e di chiedere al Parlamento di convocarsi e di convocarlo che fa? Si piega sul telefonino, concede bontà sua un'oretta di formalità per svolgere il compitino davanti a deputati e senatori, e poi via vantare le sue riforme che dinanzi alla Brexit appaiono risibili, fuori tempo e fuori stagione.

Ovvio che il risultato inglese è una campana a morto anche per il suo referendum, perché Renzi non ha saputo minimamente distinguersi dalle voci sentite come nemiche da tutto il popolo europeo della Merkel e di coloro che - quando dicono Europa unita - intendono Europa sottomessa alla Germania.

L'Italia è forte, ma il nostro governo è debolissimo. Renzi, se ha un minimo a cuore il suo Paese, prenda sul serio le proposte che da tre anni mi ostino a documentare come le sole idonee a garantire una ripresa economica dell'intera area euro, tagliando le unghie alla volontà rapace di Berlino, pretendendo risolutamente che la Germania rispetti quelle che insieme ad altri Paesi del Nord suoi satelliti calpesta, gonfiando a dismisura il suo surplus commerciale. Questa è la reazione che uno statista deve avere, invece pare prevalere tra i leader europei, non solo in Renzi, una colpevolizzazione del Regno Unito. Dichiarazioni a caldo che nascondono una volontà auto-assolutoria dei vertici Ue e dell'egoismo meschino dei singoli capi di Stato e di governo. Soprattutto vogliono impedire che si inneschi un processo emulativo da parte di altri paesi oggi critici verso le istituzioni e le politiche europee. Ma nessuno ci spiega perché altri paesi dovrebbero votare per l'exit e cosa è accaduto perché oggi ci spaventa la fuga dall'Unione europea quando, fino ad alcuni anni fa, c'era la fila per entrarvi. Le istituzioni europee non reggono perché incapaci di cambiare politiche che hanno dimostrato il loro fallimento in termini di crescita economica e di benessere sociale. È necessario uno stimolo fiscale che supporti la politica monetaria. Sappiamo anche che sono i paesi che hanno «spazio fiscale» a dover agire. Cioè la Germania.

Il maledetto surplus tedesco che uccide l'Europa

È il surplus dell'economia tedesca il killer dell'Europa, ed è un assassino conosciuto da tutti. In particolare la netta prevalenza delle esportazioni sulle importazioni con l'avvento dell'euro, che da allora ha avuto un andamento crescente, in particolare negli anni della crisi. Ma in un'unione monetaria, il surplus di uno o più paesi produce più danni dell'eccesso di deficit di altre economie dell'Unione.

Se la Germania reflazionasse da subito, si creerebbe un virtuoso clima di crescita e utta l'economia dell'area euro tornerebbe sostenibile.

Se alla reflazione tedesca e degli altri paesi in surplus si affiancasse un grande piano di investimenti, un New deal europeo da almeno mille miliardi, approfittando dei bassi tassi di interesse che rimarranno tali almeno nel medio periodo, e utilizzando la garanzia della Banca europea degli investimenti (Bei), l'Europa non solo uscirebbe finalmente dalla crisi, ma troverebbe uno slancio che dalla creazione della moneta unica non ha mai avuto, diventando competitiva anche rispetto alle altre economie mondiali.

Il sangue, sudore e lacrime implementato negli anni della crisi dall'Europa a trazione tedesca imposto ai paesi più fragili dalla Germania ha consentito a quest'ultima di aumentare clamorosamente il suo surplus.

Su questo errore, probabilmente voluto, la Germania ci ha speculato. Ci ha guadagnato. Su questo equivoco il quarto Reich ha vinto, finora, la sua terza guerra mondiale. Ma non può durare. Six pack, fiscal compact e Two pack hanno ulteriormente squilibrato il sistema europeo, stravolgendone l'impianto iniziale.

Ma c'è un punto su cui misurarsi subito e senza retro pensieri. In questi giorni assistiamo ad una bufera sui mercati finanziari e valutari. Parte di essa è dovuta a movimenti speculativi di breve periodo destinata ad esaurirsi anche con l'intervento delle Banche centrali. Gli effetti economici di breve periodo sia nel Regno Unito sia nel resto dell'Europa e nel mondo saranno conseguenza dell'incertezza sul futuro. Ma il grado di incertezza, ed i suoi effetti economici di breve periodo, come anche le conseguenze economiche di lungo termine, dipenderanno dal processo negoziale che si aprirà tra le due parti per stabilire i termini del divorzio.

Guai se facciamo guerra all'Inghilterra

Nell'immediato non accadrà nulla di concreto e continueranno a valere le regole attuali, mentre i negoziati saranno di necessità lunghi e complessi per gli aspetti tecnici. Ma le aspettative si guidano dichiarando subito la direzione di marcia, la volontà di cooperare e di mantenere aperta un'area di libero scambio e di movimento la più ampia possibile nel reciproco vantaggio.

Per questo ci spaventano le reazioni rabbiose che abbiamo richiamato e che fanno intravvedere catastrofi. E' noto che chi semina vento raccoglie tempesta, ed è anche noto che l'esaltare rischi e pericoli provoca crisi effettive, che però ad alcuni convengono. Si tratta di un terreno di confronto in Europa immediato e molto concreto e il governo italiano deve dichiarare in Parlamento qual è la linea che vuol seguire nell'interesse dell'Italia, ed impegnarsi a non accettare posizioni non discusse in Parlamento.

Questo è l'interesse immediato e futuro dell'Italia, e crediamo anche dell'Europa, a meno che non vogliamo un'Europa miope che prolunga la sua agonia minacciando ritorsioni ai paesi che non riuscendo ad avere voce scelgono la strada dell'exit. La disgregazione si combatte facendo funzionare le istituzioni europee nell'interesse di tutti.

Prima del voto sulla Brexit, vari centri di ricerca ed organismi internazionali si sono esercitati in avventurose stime sulle possibili perdite economiche dei vari paesi. Alcune di esse concludevano allarmate che il Pil europeo nel 2030 potrebbe essere di quasi un punto percentuale minore in caso di uscita del Regno Unito dalla UE rispetto al livello previsto in caso di non uscita. La domanda vera è: quanti punti di Pil stiamo perdendo anno dopo anno per la crescita anemica di un'Europa schiava di politiche errate? La domanda vera è: come possiamo accettare che in Italia lo scenario programmatico, del Documento di economia e finanza presentato dal governo in carica, cioè lo scenario con inclusi gli effetti delle politiche del governo, preveda solo verso il 2020 la possibilità di un tasso di disoccupazione inferiore al 10 per cento? Una manifesta dichiarazione di impotenza che merita anch'essa un'aperta e seria discussione parlamentare.

Renzi a Berlino si ispiri a Berlusconi

Renzi ha davanti a sé una grande occasione per diventare da presidente-del-Consiglio si-fa-per-dire a statista. L'incontro che ha in agenda lunedì è l'ultima chance. Purtroppo non a caso sarà a Berlino, nella reggia del padrone. In fondo è giusto così, obbedisce alla storia di questi anni. Ma Renzi si comporti come farebbe Berlusconi, capace di allargare lo sguardo alla volontà dei Padri, che hanno voluto una pace europea proficua per tutti e non in funzione di un'unificazione tedesca che la facesse somigliare a un nuovo Reich. Ascolti prima il Parlamento, trovi il coraggio di essere finalmente il presidente degli italiani e non del Giglio magico ormai appassito e destinato a marcire.

Sappia che non consentiremo, usando tutti i mezzi, forti e pacifici, che faccia marcire anche l'Italia.

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