Sergio Marchionne dixit: «Ci vuole coraggio a sedersi al tavolo, ma molto di più ad alzarsi al momento giusto». John Elkann ha fatto tesoro di queste parole nel momento in cui ha deciso di ritirare la proposta di fusione di Fca con Renault. Ma come era accaduto allo scomparso ad, che si era visto sbattere la porta in faccia dalla tenace Mary Barra (General Motors) e più di recente dall'ex capo di Volkswagen, Matthias Mueller, entrambi i gruppi identificati come sposi ideali per Fca, anche per il nipote di Gianni Agnelli è arrivata la prima «musata».
Prima o poi doveva capitare, con la differenza che questa volta non è un top manager a rispondere picche, bensì l'arroganza dello Stato francese con il suo sciovinismo. Elkann, reduce da un filotto di operazioni portate a termine con la sua Exor, soprattutto nell'editoria e nelle riassicurazioni, stava forse già assaporando il gusto di aver creato i presupposti per la nascita del primo polo mondiale dell'auto, sempre se alle nozze con Renault si fossero poi unite anche Nissan e Mitsubishi, entrambe alleate dei francesi.
Invece, il presidente di Fca, candidato ad assumere lo stesso ruolo nello sfumato gruppo con Renault, ha dovuto masticare amaro. Dalla sua, probabilmente, la soddisfazione di aver mandato a quel paese l'invadente azionista d'Oltralpe (in passato lo aveva fatto il fratello Lapo, chiamando ironicamente Micron il capo dell'Eliseo, Emmanuel Macron). Ma forse anche il rammarico di aver lasciato il numero uno di Renault, Jean-Dominique Senard, con il cerino acceso. Per l'ex ad di Michelin, infatti, la «musata» è stata doppia e più dolorosa: da una parte, con lo stesso Elkann, si era sbilanciato affinché l'accordo venisse concluso rapidamente; dall'altra, ha dimostrato di contare come il due di picche non avendo avuto parola in capitolo con il governo, in particolare con l'attivissimo ministro Bruno Le Maire, che prima ha fatto e poi disfatto. Il matrimonio dell'anno, dunque, salta alla vigilia della pubblicazione delle partecipazioni. E, inevitabile, parte il balletto delle responsabilità. Fca dà la colpa alla mancanza delle «condizioni politiche» necessarie per proseguire la discussione; l'Eliseo, a sua volta, punta il dito contro Nissan, ma non riceve, al contrario del Lingotto e degli stessi giapponesi, i ringraziamenti ufficiali della pur dispiaciuta Renault. E se Elkann avesse avuto troppa fretta, sottovalutando la forza dell'Eliseo senza aver prima chiesto sostegno alla diplomazia? Singolare, comunque, è che l'altra sera, a cda di Renault in corso, tra le 22 e 06 e le 23 e 46, un'ora prima che il Wall Street Journal anticipasse il passo indietro di Fca, l'agenzia Reuters, riferendosi a fonti vicine alla discussione, mandasse in rete una serie di lanci che parlavano di un accordo di massima raggiunto tra Torino e Parigi.
Ecco allora il «giallo».
C'è chi parla di depistaggio da parte del governo francese, allo scopo di riversare in seguito le colpe del fallimento delle nozze sull'atteggiamento di Nissan. Questi i fatti, mentre già si parlava di un comunicato congiunto sul via libera di Renault e della successiva conferenza stampa. Guarda caso a Parigi. PBon
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