Li perdoneremo, come Gesù Ma ora è tempo di combatterli

Non sono stati uccisi 147 studenti cristiani. In Kenya sono stati uccisi 147 cristiani che nella vita erano studenti. C'erano anche due cristiani che facevano la guardia lì fuori. Tutti ammazzati per questa appartenenza misteriosa a quell'uomo che ieri, venerdì santo, è morto in croce. La selezione operata dai loro persecutori dice questa verità elementare, che noi stentiamo a comprendere. Fecero la stessa cosa pochi mesi fa, sempre da quelle parti, su un bus di pendolari: i guerrieri di Allah, tra gli operai, tirarono un colpo alla nuca solo ai cristiani. Non sapevano il Corano, non vollero recitare l'abiura del loro battesimo per aderire a un Dio crudele. Bisogna entrare dentro questo male, non possiamo starcene fuori a guardare dall'esterno, esprimendo costernazione, condanna e poi via, a parlare di crisi economica, di politica, di fatica di vivere come se fosse un avvenimento estero, un lutto per cui mandare un bigliettino a un altro continente, lontano lontano.

Lo dico da cattolico indegnissimo di portare questo nome: abbiamo il dovere di perdonare, noi cristiani. Ma che cosa perdoniamo? È troppo facile perdonare se non ci sentiamo ribollire il sangue dentro.

Qualcosa di diabolico bussa alle porte delle nostre case. Possiamo consolarci con le parole di Tertulliano, per cui il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani. Ma intanto sono morti. E non abbiamo il diritto di guardare, e non capire: hanno ri-ucciso in quei ragazzi lo stesso Gesù Cristo che si ostina a morire anche per gli islamici. Ma ci chiede di cambiare, non di restare degli ignavi.

Stavolta nessuno può tirar fuori analisi sociologiche, come per Coulibaly (...)

(...) e i fratelli Kouachi di Parigi. Si era teorizzato - l'ho ascoltato ripetere in Parlamento da deputati del Pd e di 5 stelle - che vanno condannati, ovvio, ma che l'islam e la religione non c'entrano; i killer sarebbero stati adescati dai terroristi perché erano persone offese nel loro intimo dal non essere state integrate. Consolazione idiota. Una bugia ciclopica. Erano bravi studenti, quelli di Charlie Hebdo , e l'altro, quello del supermercato kosher, era stato ricevuto da Hollande all'Eliseo come dipendente modello della Coca Cola: milioni di disoccupati farebbero a cambio.

Non sparavano per quello, i musulmani francesi. Così come i somali correligionari. C'è un pieno spirituale nell'islam che vincerà, ci invaderà o per via pseudo-democratica o militare, ci annichilirà se noi non opporremo qualcosa di diverso dal vuoto pneumatico che è il contenuto prevalente della nostra vita comune. Cosa abbiamo fatto di noi stessi? Che cosa diamo ai nostri ragazzi? Siamo tutti scioccati da questa storia perché conosciamo quei giovani. Si fa fatica a immaginare che quei ragazzi, che erano perfettamente integrati (giocavano a calcio nei club locali), abbiano potuto uccidere deliberatamente in quel modo. Si fa fatica a crederci, ha dichiarato il preside dei due fratelli Kouachi, quelli addestrati in Siria.

Il sindaco di Lunel - piccola cittadina del Sud della Francia - in occasione della commemorazione dei vignettisti di Charlie Hebdo , era stupefatto che dieci giovani del suo comune fossero partiti per unirsi al Califfo: «Proprio adesso che la municipalità aveva risistemato una magnifica pista da skateboard nel loro quartiere...».

Perderemo, invaderanno le nostre piste di skateboard con qualcosa di enormemente più potente dell'happy hour che oggi, molto più della croce, è il vero simbolo dell'ideale italiano e occidentale.

Non ce l'ho con la pubblicità del Campari soda, ma con la mia faccia e la vostra di quando pensiamo al meglio della vita, una volta che i nostri figli avranno trovato lavoro e noi una pensione decorosa: una infilata di piattarelli confezionati da Cracco con il vino giusto, il paltorello per il cagnetto.

Occorre qualcosa di forte e buono per cui dare la vita. Anche farsi sgozzare, ma da uomini, non da pecore che desideravano solo brucare erba dolce.

I guerrieri islamici shebab non sono poveracci bisognosi di essere integrati in una società come la nostra. Loro maneggiano, oltre che il coltello e l'ascia, il kalashnikov. Non sono arrabbiati con l'Occidente. Semplicemente fanno quello che hanno appreso dai loro maestri e dal loro Corano. Conquistano. Non ammazzano per reazione. No, onorano Allah.

Cristo in croce li perdona. Noi dovremo perdonarli. Ma intanto fermiamoli. I finanziamenti alle scuole e alle moschee e agli ospedali islamici di quelle terre arrivano da Arabia e Yemen. Noi ci andiamo solo a spaparanzarci in vacanza. Un filosofo francese, ebreo, convertito dall'ateismo al cattolicesimo, Fabrice Hadjadj, considerato esponente della Nuova destra, ha rivolto a noi italiani questa domanda, oggi più che mai vera: «Siete romani, ma avete ragioni forti affinché San Pietro non conosca la stessa sorte di Santa Sofia? Siete italiani, ma siete capaci di battervi per la Divina commedia, o ne avrete vergogna, visto che Dante, nel XXVIII canto dell'Inferno, osa mettere Maometto nella nona bolgia dell'ottavo girone? Bisogna rispondere, o siamo morti». È vero - come ha scritto giustamente ieri Vittorio Feltri - che i jihadisti uccidono volentieri anche gli atei.

Ma io credo che anche gli atei debbano farsi per un po' cristiani, e noi cristiani un po' meno vergognarci di Gesù Cristo. Altrimenti saremo morti, e non avremo neanche la soddisfazione di essere chiamati martiri, perché da noi non nascerà niente.

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