L'ira curda sugli Usa in fuga: Erdogan da Putin per la pace

I soldati americani si spostano in difesa dei pozzi di petrolio. Oggi vertice a Sochi e stasera scade la tregua

L'ira curda sugli Usa in fuga: Erdogan da Putin per la pace

Le colonne di blindati americani che si ritirano dalla Siria vengono accolti dai civili sui bordi delle strade con il lancio di patate e urla: «State scappando come topi. Vergognatevi!». E ieri il presidente Usa, Donald Trump, dopo aver dato ordine ai suoi soldati di abbandonare i curdi davanti all'attacco turco ha confermato che circa 200 uomini dei corpi speciali resteranno in Siria. In una base al confine con la Giordania e in difesa dei pozzi petroliferi nel NordEst del paese, non certo dei civili.

Oggi alle 21 scade la tregua con l'esercito turco deciso a riprendere l'offensiva se le forze curde non si saranno completamente ritirate su tutta la fascia di confine per una profondità di almeno 32 chilometri. A Qamishli, una delle città più importanti a ridosso della frontiera, si stanno scavando trincee e gallerie per resistere ai nuovi, probabili, attacchi. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha dichiarato con forza che l'offensiva riprenderà se i «terroristi» non se ne andranno oltre la linea cuscinetto. Al momento i miliziani filo turchi appoggiati da artiglieria, droni, caccia bombardieri e corpi speciali di Ankara, avrebbero conquistato quasi la metà dell'area per 120 chilometri fra le città di Tel Abyad e Ras al Ayn. Ventimila civili sono fuggiti da Ras al Ayn e gli ultimi a scappare, come Shiyar e suo padre Abdulqader Omar Nabi hanno detto al New York Times che i miliziani filo turchi «non fanno alcuna differenza tra i combattenti e i civili. Se sei un curdo, ti uccidono».

Il pallino militare e diplomatico è ormai in mano ai russi, che appoggiando le forze governative siriane si sono spostati verso le città di Manbji e Kobane e altre aree per prendere il posto degli americani. Le truppe a stelle a strisce in ritirata hanno addirittura fatto saltare in aria le loro basi, come il campo di Tel Amir, per non lasciarlo nelle mani dell'esercito di Damasco o dei miliziani jihadisti appoggiati dai turchi. La Difesa russa ha messo in guardia su «12 prigioni non più controllate» che tenevano sotto chiave i terroristi dell'Isis ora «sparpagliati».

Mustafa Bali, portavoce delle Forze democratiche siriane a guida curda, che hanno perso 10mila uomini combattendo lo Stato islamico, ha risposto alle dichiarazioni di Trump: «Con tutto il rispetto, signor Presidente, cosa le fa pensare di avere il diritto di cacciare milioni di curdi dalle loro case e di ricollocarli altrove? Non è forse questa una pulizia etnica?». I curdi hanno chiesto aiuto a Israle contro «il terrore turco» dell'operazione Fonte di pace. Bali ha twittato denunciando il pericolo di «un genocidio».

Oggi a Sochi si incontreranno il presidente turco Erdogan e Vladimir Putin. Si discuterà di linee rosse, ovvero dei limiti dell'operazione turca in Siria, della cooperazione con le forze di Assad e con la polizia militare russa presenti sul campo e dell'eventuale estensione del cessate il fuoco. I russi puntano alla pacificazione, che potrebbe forse coinvolgere una forza di interposizione europea. Roderich Kiesewetter, deputato tedesco dell'Unione cristiano-democratica ha parlato di istituire nel Nord della Siria «una zona di protezione umanitaria garantita da 30-40mila militari di Stati membri dell'Ue».

Il sultano Erdogan non ha mancato, ieri, di lanciare pesanti accuse: «Tutto l'Occidente è stato al fianco dei terroristi (i combattenti curdi dello Ypg, nda) e tutti insieme ci hanno attaccato. Tutti loro, compresi i Paesi della Nato e quelli dell'Unione europea». Un'inchiesta del sito specializzato gospanews.

net ha dimostrato che delle 28 milizie filo turche, comprese forze jihadiste che stanno dando la caccia ai curdi, almeno 21 erano appoggiate dagli Stati Uniti. La metà hanno ricevuto addirittura i moderno missili anti carro americani Tow.

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