Per sostenere che i grillini stanno diventando come, o persino peggio di tutti gli altri, forse manca ancora un po'. Ma non molto. Somigliano sempre più a muratori che hanno iniziato a costruirsi la casa partendo dal tetto. Non si nutrono di idee ma di volti, non sollecitano dibattiti ma editti calati dall'alto. Così fan tutti i partiti e i grillini, che partito son pian piano diventati, si conformano. E così, vista la mala parata, quei geni del software, studiano sistemi per salvare il loro «capo politico», Luigi Di Maio, che con la nuova legge elettorale rischia di finire fuori strada. Il Rosatellum mal si concilia con le loro desuete ragioni di principio, e allora che si fa? Si cercano nuove misure, «salva-Di Maio», che gli vadano in soccorso.
Fonti vicine al loro quartier generale in via Gerolamo Morone a Milano (a due passi dalla Scala), sede della famigerata Casaleggio Associati, raccontano di nuove pratiche allo studio degli esperti in comunicazione che imporrebbero radicali svolte alle regole del movimento.
Si dice che, contrariamente alla loro avversione agli altri partiti, il M5s, pur di andare al governo, sarebbe disposto anche a funzionali alleanze: una di queste potrebbe essere l'Mpd di Speranza, D'Alema e Bersani, sotto l'egida del loro comune odio verso Berlusconi e Renzi. Dopo il voto siciliano si sono resi conto che da soli non bastano, allora sarebbero aperti anche a liste civetta utili a raggranellare voti: liste civiche, come quella di Rosario Trefiletti per esempio, presidente di Federconsumatori, che abbiano come baluardo le materie care ai cinquestelle come la difesa dell'ambiente, i no tav, i no vax, e via via con le solite tiritere.
Infine la svolta forse più fastidiosa: un totale cambio di statuto per quanto riguarda la parte del vincolo di mandato sul quale hanno fondato la loro debole identità. In previsione di un plausibile pareggio alle Politiche di marzo o aprile, infatti, sarebbe verosimile un ritorno alle urne entro pochi mesi. Un'eventualità che spazzerebbe via i big del movimento i quali, secondo statuto, non potrebbero più ricandidarsi. Dunque, come già hanno fatto più volte in passato, ora pensano di sbianchettare quella parte e apportare un ritocchino alla sacra carta, in modo da salvare non solo Di Maio, ma anche tutti gli altri, da Alessandro Di Batista in giù, che in caso di elezioni anticipate si dovrebbero auto-estromettere.
Del resto i cinquestelle sono campioni del mondo nel cambio idea. Il loro nasce come movimento dell'ipocrisia, basti pensare a Beppe Grillo, milionario che sparla dei potenti. La verità è che il M5s non si è mai allontanato dal canotto con Grillo sollevato dalla sua gente adorante durante il Vaffaday di 10 anni fa a Bologna. Gli statuti non statuti; le regole indefinite e generiche a sufficienza da poter essere interpretate dai fondatori e modificate in caso di necessità; il doppiopesismo sulla giustizia che diventa gogna per gli indagati degli altri partiti e indulgenza per i propri esponenti (vedi i casi di Patrizio Cinque e Rosa Capuozzo); l'abusivismo di necessità invocato dall'ex candidato governatore Giancarlo Cancelleri in palese contraddizione con la tutela dell'ambiente; le primarie farsa senza avversari; l'illusoria fiducia per la democrazia on line dove lo slogan «uno vale uno» è sfociato nel ridicolo; l'umiliante blocco della piattaforma Rousseau che incrina il falso mito della superiorità tecnologica.
Tutte prove delle loro infinite contraddizioni, della loro immaturità e inadeguatezza, prigionieri senza colpa di una eterna adolescenza, che dimostra quanto il vero nemico dei cinquestelle sia rappresentato da loro stessi.
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