L'Italia adesso ha paura: scatta l'allarme nei porti

Le intelligence europee li considerano la base dei «foreign fighters» A Venezia istituiti controlli a campione nei principali siti turistici

È puntata sui porti italiani l'attenzione dei servizi d'intelligence europei, che li indicano come possibili luoghi di approdo dei foreign fighters , i combattenti jihadisti partiti dal vecchio continente per affiancarsi ai gruppi del terrore. Le inchieste italiane sugli jihadisti presenti nel nostro territorio avevano già messo in luce la presenza di un collegamento tra gli estremisti «italiani», nelle aree di Milano, Roma e nel Veneto, e le frange del Califfato che operano nei Balcani. Ai Balcani i nostri servizi guardano ora come possibile luogo di rientro dei foreign fighters . Non sono esclusi proprio quegli «attacchi via mare», segnalano fonti del Viminale, che sinora non sono mai stati prerogativa del moderno terrorismo. È stato intensificato il lavoro di sorveglianza e intelligence in particolare nei porti pugliesi di Bari e Brindisi e in quello marchigiano di Ancona. A Napoli sono già entrate in azione le squadre speciali dell'Antiterrorismo della polizia. Mitragliatori al collo, dal molo Beverello alla stazione Marittima, hanno sorvegliato lo sbarco di centinaia di crocieristi israeliani. Più controlli anche a Genova, dove la nave della Cotunav diretta in Tunisia è partita con metà dei passeggeri previsti. Moltissime le cancellazioni anche per Grandi Navi Veloci.

L'intelligence sta svolgendo uno stimato lavoro riconosciuto a livello europeo, ma il problema italiano sono le forze operative. Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ammette ora che servono più soldi per i militari italiani: «Le risorse vanno dato anche alla luce dei rischi legati alla minaccia terrorismo». Nel 2015 il comparto perde quasi 300 milioni rispetto al 2014: proprio nell'anno dell'esplosione dell'Isis. Nei Balcani, ha spiegato ancora il ministro Pinotti a In mezz'ora, è stata mantenuta una presenza italiana di militari proprio perché «sappiamo, non da oggi, che c'è un fronte nell'Adriatico. L'allerta è alta, l'Italia non è immune da rischi». E da oggi bisogna abituarsi a pensare a quelle coste come posti non più sicuri. A Sud l'emergenza sbarchi, a Est il pericolo Balcani: l'Italia ha nelle sue frontiere marine il punto più vulnerabile.

Ma scatta l'allarme sicurezza anche nelle principali città. Da ieri qualsiasi turista può essere fermato a Venezia per controlli di polizia. Controlli a campione, una misura deterrente che il prefetto della Laguna, Domenico Cuttaia, ha deciso seguendo alla lettera le disposizioni del Viminale su un innalzamento del livello di sicurezza nelle principali città italiane dopo gli attentati del 26 giugno. Saranno coinvolti Italiani e stranieri: controlli più accurati dei documenti sono stati disposti in primis nella zona della basilica di San Marco. I fermi a campione per l'identificazione scatteranno nei principali siti turistici della città, ma anche su strade e autostrade della provincia.

Il ministero dell'Interno ha disposto che in tutta Italia sia aumentata la sorveglianza, oltre che degli obbiettivi sensibili per ragioni politiche o turistiche, delle moschee e dei luoghi di culto. In alcuni casi, come sempre a Venezia, la Digos ha chiesto a fonti moderate dell'islamismo locale di segnalare eventuali visi o comportamenti sospetti. Garantisce il suo supporto l'associazione Mecca, che conta 500 frequentatori. Il prefetto ha chiesto la collaborazione delle polizie municipali della provincia, mentre sono stati rinforzati i controlli anche all'aeroporto Catullo di Verona e a Padova e Treviso, oltre che a Porto Marghera. «Ci scusiamo per i possibili disagi», anticipa Cuttaia.

Si parla molto dell'Expo e del Giubileo, di Milano e Roma, come luoghi dove l'attenzione sui pericoli deve essere massima in questa fase di espansione del terrorismo, ma controlli silenziosi vengono svolti anche su obbiettivi di minore rilevanza.

Spiegava ieri a Il Mattino Alessandro Orsini, direttore del Centro per lo Studio del terrorismo dell'Università Tor Vergata: «I terroristi potrebbero mirare a una città che gli italiani non immaginerebbero tra quelle a rischio».

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