Coronavirus

"L'Italia senza un piano per combattere la pandemia"

Il dossier del Global Health ci accusa: niente linee guida. L'analisi consegnata alla procura di Bergamo

"L'Italia senza un piano per combattere la pandemia"

È una classifica internazionale di matrice americana. Ma soprattutto è una pugnalata alle nostre vacillanti certezze: l'Italia di fatto non è attrezzata per arginare le pandemie. Il piano pandemico è vecchio e, come già evidenziato dal generale Pier Paolo Lunelli nel suo report, da almeno tre anni l'Organizzazione mondiale della sanità ci invitava ad aggiornarlo. Ma non si è fatto nulla, nemmeno, incredibile, quando la pandemia è scoppiata ed è stato dichiarato lo stato di emergenza.

Ora arriva un'altra conferma dei drammatici ritardi del Paese. Il Global Health Security Index punta il dito contro il nostro Paese con parole durissime: «Il Centro operativo di gestione dell'emergenza in Italia», ovvero la Protezione civile, «non dispone di linee guida in caso di pandemia».

E ancora: «La Protezione civile si focalizza sulla risposta ai disastri naturali mentre non rappresenta alcun fattore che ne motivi l'intervento contro l'insorgere di malattie infettive».

Insomma, tutto il sistema messo in piedi dal Governo Conte per fronteggiare il Coronavirus è inadeguato. Non è all'altezza, o meglio non sempre si è rivelato tale, il Comitato tecnico scientifico voluto dall'esecutivo ai primi di febbraio, tanto che il viceministro della Sanità Pierpaolo Sileri aveva chiesto di rinnovarlo «con chi è in prima linea». Proposta caduta nel nulla. E appare in difficoltà la Protezione civile, pensata per terremoti e inondazioni ma incerta sul da farsi davanti a una pandemia.

«Non esiste in Italia - si legge nel Global Index - un'istituzione simile alla Protezione civile che si occupi di questioni che riguardino emergenze concernenti la salute pubblica». E poi: «Non sussiste alcuna evidenza che il centro operativo di gestione delle emergenze faccia alcuna esercitazione per emergenze che riguardano la salute pubblica una volta l'anno».

Un mezzo disastro, insomma. Anche se le sintesi rischiano di essere parziali e un po' sbilanciate. E però il ranking dell'Italia è impietoso: il Belpaese occupa la centoventinovesima posizione su 195 stati censiti. E alla voce «Operazioni di risposta ad un'emergenza» l'Italia ottiene un catastrofico 0,0 per cento. Nulla di nulla. Curva piatta. Del resto, dopo aver dichiarato lo stato di emergenza il 31 gennaio, il Governo sparì dalla circolazione per un mese senza prendere provvedimenti. Creò il Comitato tecnico scientifico, ma non andò oltre. Non si pensò di mandare una missione in Cina, per verificare quel che stava accadendo fra reticenze e omissioni; neppure il Cts e Palazzo Chigi si organizzarono per reperire mascherine e dispositivi di protezione. Infine, non ci fu alcun aggiornamento del piano pandemico.

Per il generale Pier Paolo Lunelli, già comandante della Scuola per la difesa nucleare, batteriologica e chimica, lacune e superficialità hanno avuto un costo elevatissimo: con un piano pandemico aggiornato si sarebbero salvate diecimila persone. Diecimila morti in meno su trentacinquemila. Quasi un terzo: per questo l'analisi dell'alto ufficiale è stata consegnata ieri alla Procura di Bergamo che indaga sulla mancata istituzione della zona rossa a Nembro e Alzano Lombardo.

Può essere che le cifre siano esagerate, ma il tema, al di là delle indagini della magistratura, merita di essere scandagliato. L'Italia, come altri Paesi europei, ha affrontato con improvvisazione la crisi sanitaria. Il 14 gennaio - secondo il quotidiano inglese The Guardian - il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie organizza una riunione con i ministri della sanità per valutare la situazione del traffico aereo, ma l'Italia è assente al meeting. Non solo: fra il 28 e il 29 gennaio la Commissione europea invita i Paesi a potenziare le terapie intensive, ma l'appello cade nel vuoto. Certo, la pandemia è un nemico sconosciuto, ma il nostro Paese si presenta disarmato e impreparato al terribile appuntamento. Eppure, considerando la rapidità con cui si è realizzato l'ospedale in Fiera, poi rimasto largamente inutilizzato, si sarebbe potuto fare di più. E il rimpianto cresce. Come si ricava dal documento del generale Lunelli.

E ora anche dal Global Health Security Index.

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