Per Magdi Allam "non si tratta di una condanna, ma di una richiesta di spiegazioni al diretto interessato al quale sono state correttamente fornite garanzie ben più ampie di quelle minime previste dalla legge".
A dirlo è l'Ordine dei Giornalisti che stigmatizza così "chi ipotizza un attentato alla libertà di manifestare il pensiero". "Qualcuno, con memoria debole, si spinge a sostenere che se un giornalista sbaglia il danneggiato deve rivolgersi a un Tribunale della Repubblica e non all’Ordine", scrive in una nota l’Ufficio comunicazione e formazione del Consiglio nazionale, "Ma come: non erano le querele e le cause civili per danni i principali pericoli per la libertà di stampa?".
"I giornalisti debbono convincersi che a loro competono maggiori doveri rispetto ai comuni cittadini", ricordano poi, "Nessuno insorse quando il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti (allora competente in materia disciplinare) con deliberazione n. 2 dell'11 febbraio 2009, respinse il ricorso presentato dal direttore di un giornale lombardo che era stato sospeso per due mesi dall'esercizio dell'attività professionale per avere pubblicato scritti ed articoli ritenuti di chiaro carattere antisemita". Poi, tornando al caso di Allam, aggiungono: "Può darsi non valga la pena di occuparsi di queste star, lasciandole, appunto, ai Tribunali della Repubblica ai quali dovrebbero rivolgersi quanti si sentono danneggiati. Con buona pace di tutto quello che predichiamo. E che inutilmente reclamiamo da anni per porre fine alle intimidazioni a mezzo atto giudiziario: il Giurì per la
correttezza dell’informazione.
Ma il disinteresse sarebbe una scelta irresponsabile (oltre che una violazione degli obblighi impostici dalla regole deontologiche) perché le star hanno mezzi economici e solidarietà di vario tipo per difendersi al meglio. Ad essere triturati resterebbero i più, quelli dei quali le star non conoscono neanche l’esistenza".
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